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La start up trentina che fa pezzi per gli yacht di lusso: la scommessa di Riccardo Scalmazzi e Enzo Artini

I due giovani imprenditori trentini spiegano: «Lavoriamo su materiali compositi, facciamo laminazioni. Ci stiamo rivolgendo anche al campo odontoiatrico, con la realizzazione di alcuni componenti da utilizzare nella produzione di impianti dentali”

VALLI GIUDICARIE. Innovazione? No, non è solo uno slogan: non deve essere solo uno slogan. Lo diciamo perché viviamo nella società degli annunci e dei buoni propositi. Ma poi per fortuna c'è anche chi ci mette la faccia e il rischio d'impresa. E così capita che nella periferia più lontana dal centro prendano il via iniziative di ricerca e sviluppo solitamente immaginate nei poli industriali delle città. Bello è che i protagonisti di questa storia siano due ragazzi.

Ci perdoneranno l'uso di un termine che non vuole essere riduttivo Riccardo Scalmazzi di Lodrone (vicino alla laurea in ingegneria industriale) ed Enzo Artini di Zuclo (fresco di laurea in economia), 46 anni in due, che hanno inventato una start-up indiscutibilmente innovativa. Prima di parlarne ci sia consentito di raccontare che siamo davanti ad un sintomo dei cambiamenti che avvengono anche nei centri apparentemente isolati.

La zona industriale di Storo ha poco più di sessant'anni e nella sua esistenza è diventata una delle aree produttive simbolo della valle, frequentata nel tempo da multinazionali specializzate principalmente nel settore metalmeccanico. Senza dimenticare per la verità un passaggio (in anni ormai lontani e quasi dimenticati) nel tessile, poi abbandonato quando le crisi fecero scoprire il gusto della delocalizzazione. Piano piano le multinazionali hanno abbandonato il campo, con il cinismo tipico dei grandi gruppi, i quali quando annusano che l'aria si fa pesante cambiano Stato, continente, emisfero. Magari raccontando (è accaduto da parte di un manager americano) la storiella della rana nel catino, la quale fugge prima che l'acqua scotti, per evitare la morte.

Con la partenza delle multinazionali è cresciuta una piccola e media industria locale, che nonostante le fragilità infrastrutturali (si pensi alla sola viabilità) è viva e produce. Generalmente nei settori tradizionali, anche se non mancano slanci nell'innovazione. Viene alla mente il progetto di produzione dell'idrogeno verde. Ma oggi ci piace scoprire la scommessa dei due giovani che nel febbraio dell'anno scorso hanno fondato la Polymat Composites srl. Fra poche settimane si festeggia il primo compleanno.

«Lavoriamo su materiali compositi - spiega Riccardo - quindi fibra di carbonio, Kevlar, fibra di vetro. Facciamo laminazioni». Lavorazioni fatte in un piccolo capannone. Quando dici fibre e laminazioni l'orecchio del profano coglie, ma la testa mica tanto. E allora ti viene subito da chiedere spiegazioni. Cortesemente i protagonisti rispondono: «Principalmente stiamo lavorando nel settore nautico, e precisamente nella realizzazione di componenti per yacht di lusso. Comunque abbiamo altri fronti davanti. Per esempio, ci stiamo rivolgendo al campo odontoiatrico, con la realizzazione di alcuni componenti da utilizzare nella produzione di impianti dentali. Quest'ultimo è un progetto innovativo cui stiamo lavorando in questo momento».

Non si può non chiedere se per gli yacht la società abbia già rapporti con aziende del settore. «Certo che sì. Stiamo lavorando con cantieri in giro per l'Italia. Fra loro ci sono anche cantieri importanti». E che tipo di componentistica si fa? «Principalmente stiamo sul piano estetico: arredamento di yacht da 110 piedi (che nel linguaggio comune significa 35 metri o giù di lì, ndr) e stiamo lavorando su imbarcazioni a vela. Estetica sì, ma anche per supporti strutturali: alberi maestri da 50 metri. Vela, ma collaboriamo anche per gli yacht a motore».

Viene una battuta che battuta non è: il lusso è il settore che non va mai in crisi. Perciò auguri ai due soci di un futuro luminoso.

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