Sanità / L’affare

Nuovo ospedale di Cavalese, la proposta Mak «rinviata» per chiarimenti: ecco i tre punti «lacunosi»

Il Nucleo di Valutazione mette sotto la lente le criticità: la ditta non possiede i terreni, il Pup non consentirebbe la costruzione, non è spiegato chi ci mette i soldi (120 milioni)

di Flavia Pedrini

CAVALESE. Se fossimo a scuola si potrebbe dire che il progetto per la realizzazione di un nuovo ospedale a Masi di Cavalese è stato "rimandato" a settembre. Per ora non si può parlare di bocciatura, visto che l'istruttoria non è ancora conclusa e l'ultima parola spetterà comunque alla politica, ma certamente la "pagella" arrivata dal Navip, il Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici, ha messo in luce più di una lacuna.

Ora la palla passa alla Mak Costruzioni, capofila dell'Associazione temporanea di imprese con Siram spa e Dolomiti Energia Solutions srl, a cui si deve aggiungere Banca Intesa per il finanziamento. Prima di Ferragosto il Navip ha infatti inviato alla ditta di Lavis una comunicazione, chiedendo di fatto una integrazione della documentazione, al fine di dissipare una serie di criticità che sono emerse nel corso dell'istruttoria.

L'azienda dovrà fornire le risposte richieste entro metà settembre e ottenere così il placet in termini di interesse pubblico al progetto del nuovo ospedale, una realizzazione da 120 milioni di euro in project financing (una costruzione da 60 milioni e gestione per altri 60 milioni).

Il primo nodo riguarda l'aspetto finanziario e le modalità di finanziamento. Con una richiesta chiara: che il progetto sia a completo rischio del proponente e non della pubblica amministrazione.

Un' altra criticità si riferisce ai terreni su cui dovrebbe sorgere il complesso ospedaliero. E qui i problemi sarebbero più di uno. Il primo, già emerso, è legato ai vincoli imposti dal Piano urbanistico provinciale. Come ha ribadito nella recente assemblea della Regola di Cavalese e Masi l'ex assessore provinciale all'urbanistica e all'ambiente Mauro Gilmozzi, operazioni come quella oggi al vaglio del Navip «sono incompatibili visto che Masi è classificato come area agricola di pregio nonché zona soggetta a rischio idrogeologico».

Ma un'altra criticità sul tavolo riguarda l'occupazione e il consumo del suolo: il nuovo ospedale dovrebbe infatti sorgere dove oggi c'è un terreno "vergine", con i prati e il vivaio che fa capo alla Magnifica Comunità, la quale fino ad oggi non ha mai preso posizione rispetto al progetto, sostenendo di non essere stata mai contattata né dalla ditta né dagli uffici provinciali.

Terreni che, peraltro, allo stato non sono dunque nella disponibilità del soggetto proponente e che dovrebbero essere espropriati.

Infine, c'è un terzo aspetto sul quale la ditta è stata invitata a fornire chiarimenti e riguarda la parte sanitaria della proposta.

Come detto, alla Mak costruzioni è stato dato un mese di tempo per rispondere. A quel punto il Navip potrà concludere la propria istruttoria e fornire alla Provincia un parere definitivo. L'ultima parola spetterà alla politica: la giunta provinciale dovrà scegliere fra il pacchetto completo offerto da Mak e l'ipotesi originaria di ristrutturazione dell'ospedale esistente (47 milioni sul progetto dell'architetto milanese Roberto Ravegnani Morosini).

Una decisione attesa con trepidazione soprattutto dal sindaco di Cavalese, Sergio Finato, che da subito ha assunto una posizione molto netta: chiede di recuperare e riammodernare il "vecchio ospedale", ampliandolo nella parte posteriore. Una scelta che permetterebbe di evitare la costruzione di un edificio da 110.000 metri cubi, di cui 30.000 interrati, su una superficie di circa 30.000 metri quadrati, per un totale di 94 posti letto.

Se la Magnifica per ora nicchia, in attesa di comunicazioni ufficiali, la Regola di Cavalese e Masi guidata da Franco Corso non ha dubbi: «I consiglieri - ha ricordato - non vedono di buon occhio il progetto Mak non solo per problemi di criticità idrogeologica e ambientale, ma anche perché sul vecchio ospedale non ci sono state migliorie, e il timore è che ripartendo da zero si perda ogni possibilità di intervenire».

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