Cavalese / Il caso

Tracce etrusche in val di Fiemme: insegnante trova vasi e frammenti archeologici

Contattati i carabinieri del reparto tutela patrimonio culturale che dopo le analisi hanno certificato l'origine dei reperti, ora custoditi dalla Soprintendenza provinciale
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TRENTO. Sistemare un locale agricolo in valle di Fiemme e ritrovare nientemeno che reperti di arte etrusca.

Protagonista del ritrovamento di queste importanti tracce etrusche sulle Dolomiti è stata un'insegnante di Cavalese, che ha subito segnalato l'evento ai carabinieri i quali hanno chiamato in causa i colleghi del comando tutela del patrimonio culturale, che ha sede a Udine ed è competente anche per la provincia di Trento.

L'antico popolo che popolava principalmente la zona dell'attuale Italia centrale (Lazio, Toscana e Umbria) tra il IX e il I secolo a. C. aveva insediamenti che si spingevano, secondo le ricostruzioni storiche ormai riconosciute, fino a ridosso delle aree alpine e oltre, compreso il possibile controllo dei principali valichi, anche a fini commerciali.

Secondo lo storico latino Tito Livio, gli stessi Reti, popolazioni che abitavano l'attuale Trentino Alto Adige, avevano origini etniche etrusche.

A proposito del ritrovamento, in una nota diffusa dall'Arma, si spiega che si tratta di "un importante quantitativo di frammenti archeologici, costituito prevalentemente da vasellame in bucchero e di tipo etrusco-corinzio cronologicamente compreso tra la metà del VII e la metà del VI sec. a.C., pertinente a contesti funerari dell’area etrusca compresa tra le zone laziali centro-settentrionali di Vulci, Vejo e Cerveteri".

L'insegnante, spiegano i carabinieri, "li aveva fortuitamente rinvenuti all’interno di un maso di sua proprietà, utilizzato anche dagli abitanti del luogo come deposito di materiale agricolo e, negli anni, dai villeggianti della zona".

Nella nota stampa si sottolinea il comportamento "assolutamente ineccepibile, sia eticamente che giuridicamente" della docente: una condotta aderente alle specifiche previsioni normative del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” in caso di scoperte fortuite di beni culturali.

"I militari del reparto specializzato dell’Arma - si legge ancora nel comunicato - si sono, pertanto, recati sul luogo del rinvenimento, dove sono stati eseguiti i primi accertamenti sul materiale che appariva di evidente di natura archeologica e, quindi, veniva sequestrato d’iniziativa.

L’attività svolta è stata immediatamente condivisa con la Procura della Repubblica di Trento, che ha convalidato il provvedimento cautelare adottato dai militari. I successivi approfondimenti di natura tecnica effettuati sui beni archeologici sequestrati, grazie alla preziosa collaborazione dei funzionari archeologi della Soprintendenza per i Beni Culturali della Provincia autonoma di Trento, hanno consentito di appurare l’assoluta genuinità dei manufatti e il loro elevato interesse storico culturale.

I risultati ottenuti sono stati comunicati all’Autorità giudiziaria procedente, che ha emesso un decreto di archiviazione del procedimento penale instaurato contro ignoti, stabilendo la confisca del materiale archeologico e la contestuale definitiva assegnazione all’Ufficio Beni Culturali della Soprintendenza trentina che provvederà alla sua conservazione e valorizzazione".

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