Sanità / L’investimento

Nuovo ospedale a Masi di Cavalese: un affare da 120 milioni, con la Mak ci sono anche Siram, Dolomiti Energia e Banca Intesa

Ecco i dettagli: 94 posti letto, 110 mila metri cubi, e la fretta di averlo pronto entro le Olimpiadi del 2026. Il sindaco di Cavalese dubbioso, Degasperi: «E’ chiaro che l’accordo è già fatto», ma occorre attendere l’istruttoria

di Andrea Tomasi

CAVALESE. Un ospedale da 110.000 metri cubi, di cui 30.000 interrati, su una superficie di 30.000 metri quadrati nell'area di Masi di Cavalese. È questo, in numeri, il progetto alternativo di polo sanitario proposto dalla Mak Costruzioni alla Provincia. È "l'altra via", che si contrappone a quella della ristrutturazione dell'attuale nosocomio (un piano promosso con forza dal sindaco Sergio Finato e dalla sua amministrazione).

Il Navip (Nucleo per la valutazione degli investimenti pubblici proposti da privati) deve svolgere l'istruttoria (fino a 90 giorni) sul "piano Masi", ma l'Adige è in grado di fornire in anteprima alcuni dati che - se il disegno sarà dichiarato di interesse pubblico - aiutano a fare la "fotografia" del "futuro sistema salute" delle valli di Fiemme, Fassa e Cembra: elementi per capire come cambierà la geografia sanitaria.

Cominciamo col dire che quella a Masi sarebbe un'operazione da 120 milioni di euro. Parliamo di circa 60 milioni per la fase di costruzione e di altri 60 per quella di gestione.

La formula che si sta valutando è quella del partenariato pubblico privato, in una declinazione del project financing. In pratica i privati, organizzati in Associazione temporanea di di imprese (Ati) con capofila la Mak di Lavis, hanno presentato all'ente pubblico un pacchetto completo.

Le rate annuali in capo alla Provincia sarebbero di circa 6 milioni all'anno, per 20 anni. La "regia ospedaliera" sarebbe in mano pubblica, con un accordo di durata ventennale, comprendente tutta la parte di manutenzione in capo ai privati.

Nel gruppo di imprese la capogruppo è la società Mak Costruzioni, guidata dall'amministratore Mirko Pellegrini, con il fratello Andrea (altro ramo di azienda è la Mak Invest, che si occupa dell'immobiliare con Mirko Petri al 50%). Con l'impresa di via alle Segherie di Lavis (che detiene circa il 60% delle quote di questa alleanza fra società per costruire il polo ospedaliero) alla partita partecipano la Siram - già nota nelle province di Trento e Bolzano nel settore servizi energetici e tecnologici - e Dolomiti Energia. Soggetto finanziatore è Banca Intesa.

Insomma in questa operazione i protagonisti sono dei pezzi da novanta. Il conto alla rovescia è già partito. In vista dell'appuntamento con le Olimpiadi 2026, in Trentino è quindi in corso un altro gioco, quello sull'ospedale di Cavalese. Se nei giorni scorsi il sindaco aveva ribadito la necessità di stare sul progetto originario di recupero e rilancio dell'esistente (vedi articolo a fianco), anche per evitare sprechi di territorio vergine, prende forma, nell'immaginario di una parte della politica provinciale, la proposta del moderno polo di Masi.

Si tratterebbe di un ospedale con 94 posti letto, distribuiti su tre piani fuori terra, più il parcheggio, area di atterraggio dell'elicottero (non sul tetto dell'ospedale) e le strade di accesso. La busta con la proposta "alla inclusive" - che per la promessa velocità di realizzazione potrebbe solleticare molti appetiti in valle e a Trento - è stata presentata in Provincia a fine marzo.

Disegno, rendering e cifre sono al vaglio dei tecnici. Il primo mattone - stando al piano della cordata di imprese - dovrebbe essere posato entro giugno 2023 e l'ospedale dovrebbe essere quindi consegnato entro l'estate 2025. Quello che l'Ati si impegna a realizzare sarebbe un complesso con impianti energetici, termici e infrastrutture base. La Provincia dovrebbe sostenere poi i costi per l'acquisto di arredi e macchinari (in parte traslocabili dall'attuale ospedale). In gergo si chiama «leasing in partnership pubblico privato».

Il sì a questa soluzione innescherebbe una serie di meccanismi economico-politici non irrilevanti. Si aprirebbe subito la questione della destinazione dell'attuale ospedale di Cavalese. I sostenitori della "via Mak" della sanità delle valli di Fiemme, Fassa e Cembra dicono che il nosocomio oggi operativo potrebbe essere trasformato in appartamenti o in un grande albergo.

Ristrutturarlo - si dice - costerebbe di più e comunque sarebbe molto difficile farlo garantendo i servizi ai cittadini. Ragionamenti analoghi erano stati fatti per il Santa Chiara di Trento, in vista del Not, che ancora non c'è. Da tempo, nelle valli di Fiemme e Fassa, si parlava di un interessamento degli imprenditori della Mak, originari della Val di Cembra.

Abbiamo contattato Mirko Pellegrini, che ci ha risposto con un deciso «no comment». Fase troppo delicata, ci viene detto. Se ne parlerà, semmai, quando si conoscerà la decisione della Provincia.

Bocche cucite nella sede della società lavisana, ma ci si chiede se c'è o c'è stato un sostegno politico ad un'iniziativa di questo genere. Se ne era parlato informalmente nel 2018, quando la Provincia era governata da Ugo Rossi, affiancato dall'allora assessore fiemmese Mauro Gilmozzi. Poi il silenzio, almeno in pubblico. Al «progetto Masi di Cavalese» i manager della Mak - una realtà con 40 milioni di fatturato e 150 dipendenti - stanno lavorando da circa un anno. Ora il momento è cruciale. La proposta è arrivata con timing perfetto, quando il tempo - in vista dei Giochi Olimpici - inizia a stringere e si deve decidere.

Il guadagno è assicurato. Cosa accadrà se verrà riconosciuto l'interesse pubblico del progetto presentato dall'Ati guidata dalla Mak Costruzioni? La Provincia di Trento viene chiamata ad analizzare la proposta nel dettaglio, dando indicazioni su ciò che reputa necessario (dimensioni dei reparti, numero di letti, spazi). A quel punto potrebbe indire una nuova gara su un progetto modificato.

Nel caso in cui una nuova cordata si facesse avanti e proponesse un prezzo più basso per la realizzazione, il gruppo proponente avrebbe comunque un diritto di prelazione. In alternativa il gruppo capitanato dalla Mak potrebbe fare un passo indietro e - essendo il soggetto proponente - avrebbe comunque il diritto ad una percentuale di guadagno fino al 2,5%.

La Mak non è nuova ad operazioni nell'ambito della sanità trentina. L'ospedale di Mezzolombardo (costo di costruzione 18 milioni di euro, con gestione in project financing per 5 anni), porta la firma della società di Mirko e Andrea Pellegrini.

Nei giorni scorsi il sindaco di Cavalese Sergio Finato ha cercato di spiegare perché il progetto di ristrutturazione dell'attuale ospedale sarebbe una soluzione migliore rispetto a quella del nuovo polo a Masi: «Noi vorremmo andare avanti con il progetto attuale di ristrutturazione dell'ospedale. L'iniziativa della Mak verrà messa a confronto con il progetto datato 2018. Noi abbiamo vinto le elezioni con una lista che si chiama "Ambiente Bene Comune". Figuriamoci se vogliamo che venga compromesso altro territorio. E poi c'è la questione dei tempi: la comunità e i medici ci chiedono certezze. La delocalizzazione a Masi rallenterebbe tutto l'iter. Io dico che economicità, velocità e sostenibilità ambientale non devono essere compromessi».

Critiche al progetto Mak sono venute nei giorni scorsi anche dal consigliere provinciale di Onda Civica Filippo Degasperi: «Siamo seri. Non è che un privato si lancia in una iniziativa di questo tipo senza avere fatto accordi».

Era il 2019 quando l'ex assessore Mauro Gilmozzi aveva detto che la ristrutturazione dell'ospedale esistente era assolutamente irrinunciabile. Proprio lui, da responsabile dell'assessorato alle infrastrutture, aveva dato il via nel 2015 al bando di concorso che ha portato alla progettazione preliminare del «nuovo» ospedale di Cavalese (un bando vinto dal team guidato dall'architetto milanese Roberto Ravegnani Morosini). Ma in fase di stesura definitiva del preventivo il costo dei lavori era lievitato di un terzo (da 32 a 47 milioni di euro).

Lo scostamento aveva indotto la giunta provinciale guidata da Maurizio Fugatti a fermare tutto, visto che gli investimenti richiesti erano considerati «non compatibile con gli attuali livelli di spesa programmati».

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