Fassa, in arrivo 25 profughi. L'accoglienza riparte da Soraga

di Francesca Degasper

Proprio lì, nel paese dove la faccenda si fece vergognosa e antipatica, la Val di Fassa ha deciso di ripartire, con un incontro sul tema dell'accoglienza dei profughi, svoltosi lunedì sera.
Del 28 ottobre scorso, giorno del tentato incendio all’albergo Ombretta di Soraga, struttura che avrebbe dovuto accogliere una trentina di profughi, non si parla, e forse è giusto sia così. Non per dimenticare o per sminuire quella che rimarrà una triste pagina della storia di Fassa, bensì per lasciarsi alle spalle  «un periodo travagliato che abbiamo cercato di risolvere al meglio» ha detto Devi Brunel, sindaco di Soraga. L’allusione non è esplicita, ma si lascia intendere. Alle parole del sindaco fanno eco quelle della procuradora Elena Testor che sottolinea il senso di responsabilità dimostrato da tutti i sindaci della valle «per attivare un integrazione migliore». 
 
Eh sì, perché arriveranno anche nella Valle della minoranza (etnica) in prima linea a difendere diritti e differenze, 25 extracomunitari. Non si conoscono ancora né nomi, né nazionalità. Non saranno famiglie, come si vociferava in giro, ma probabilmente tutti, o quasi, uomini. «Le donne rappresentano solo il 15% del totale dei profughi, e loro vengono destinate a progetti più ampi, non dove sono previsti piccoli gruppi distribuiti», ha spiegato l’assessore Luca Zeni. E’ stato lui infatti a tenere le fila dell’incontro di lunedì sera a Soraga.
 
Alla «Gran Ciasa» c’erano tutti gli amministratori, la procuradora appunto e agli assessori del Comun general de Fascia Celestino Lasagna e Gianluigi De Sirena, ma anche tutti i sindaci, o i loro rappresentanti. Un discreto pubblico, una trentina di persone, sedeva in sala, dimostrando a tratti interesse e apertura, a tratti più irritazione che altro. «Nell’appartamento in canonica? Diamo loro il più bel posto di Soraga, in centro?», ha chiesto quasi incredula, oltre che seccata, una signora di Soraga. 
Ma il sindaco Brunel non è impreparato nella risposta: «Non si tratta di nascondere o di mettere al centro. Si tratta di necessità. L’appartamento in canonica è di proprietà comunale. Questo abbiamo da mettere a disposizione».
 
Il quadro è tutt’altro che terribile. Le esperienze delle altre valli valli del Trentino parlano di integrazione, amicizia, condivisione. Parlano di convivenza pacifica, di desiderio di avere una possibilità. I casi negativi ci sono, è innegabile, ma i casi di delinquenza si verificano nei grandi gruppi e nei grandi centri. Difficile se non impossibile in un piccolo centro, dove appena fuori di casa già ti ha visto mezzo paese. La provincia, in collaborazione con le forze dell’ordine, Comun General e amministrazioni comunali supervisioneranno persone e attività.
 
«Anche il Trentino, come le altre regioni d’Italia, è chiamato a gestire la questione profughi» ha spiegato l’assessore provinciale. Un breve cenno alla situazione internazionale e all’instabilità del Mediterraneo, alla proporzione adottata per decretare la distribuzione tra le varie regioni d’Italia e alle spese sostenute. Spese che sono a carico dello Stato, non della Provincia. Il costo per ciascun richiedente asilo è di 30 euro. In trentino ci sono oggi 1.450 profughi: i due grandi centri di Trento e Rovereto sono il primo porto di arrivo in trentino e solo in un secondo momento, dopo aver sbrigato le prime pratiche burocratiche, seguito corsi di lingua e di educazione civica, vengono smistate sul territorio. 
 
«Tenere le persone attive è il miglior alleato dell’integrazione» sottolinea Zeni. E qui entra in gioco la comunità locale, che dovrà aprirsi per integrare, per tenere occupate queste persone, in modo da impedire comportamenti che possano nuocere o anche solo irritare la comunità ospitante. Perché non solo il fare male, ma anche non fare niente ma avere un vitto e alloggio può dare fastidio, è un dato di fatto.
 
Cinformi, la cooperativa provinciale che si occupa di accoglienza e integrazione, come nelle altre zone della provincia, avrà un operatore che controllerà quotidianamente chi arriverà  in valle, controllerà il rispetto delle regole, degli orari, dei locali concessi. Il non rispetto del fitto sistema di regole comporta l’immediata espulsione dal progetto e dai benefici correlati (diaria, alloggio, assistenza). 
 
A Moena, Soraga e Campitello, per un totale di 11 posti, gli alloggi sono pronti per la consegna; quasi pronti anche quelli di Vigo e Mazzin (6 posti), mancano invece ancora alcuni lavori per gli alloggi di Pozza e Canazei, i quali assicureranno ulteriori 8 posti.

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