L'orzo della valle per la birra locale

Val di Fiemme, dopo il luppolo anche l'orzo

di Benjamin Dezulian

Un prodotto sempre più legato a doppio filo con il proprio territorio di origine. È la «Birra di Fiemme», che la famiglia Gilmozzi produce con passione fin dal 1999 nel birrificio di Daiano, avendo anticipato di diversi anni una fenomeno, quello dei birrifici artigianali, che risulta oggi in grande ascesa, con una ventina di realtà attive nel solo Trentino.

Da quest’anno la Birra di Fiemme è ancora più legata al proprio territorio d’origine, perché alla coltivazione in loco del luppolo, sperimentata con successo fin dal 2012, si è aggiunta anche quella dell’orzo, i cui malti diventano uno degli ingredienti principali della bevanda.

«Fino ad ora - spiega Stefano Gilmozzi, titolare del birrificio - abbiamo coltivato l’orzo necessario alla nostra birra nella zona di Rivoli Veronese: con una superficie di 5 ettari siamo riusciti a soddisfare circa il 70% del nostro fabbisogno. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo deciso di provare a coltivarlo anche in val di Fiemme, su una superficie di un ettaro, in un terreno attiguo a quello in cui coltiviamo il luppolo, a Masi di Cavalese. La sperimentazione è andata molto bene, il raccolto è stato soddisfacente, tanto che l’anno prossimo contiamo di aumentare la produzione da 1 a 2 ettari, per arrivare a coprire il 75-80% del nostro consumo. Uno dei problemi principali che dobbiamo affrontare per coltivare in Fiemme è la difficoltà di trovare appezzamenti vasti. Ad esempio, i 7000 metri quadri di luppolo che coltiviamo in Fiemme abbiamo dovuto suddividerli su tre siti diversi: a Masi di Cavalese, Lago di Tesero e Ziano di Fiemme. Di contro, il clima fresco e ventoso tiene alla larga i parassiti, quindi possiamo ridurre al minimo i trattamenti sulle piante, garantendoci così un prodotto ancora più genuino». 

La decisione di coltivare sul territorio gli ingredienti base della birra rappresenta certamente una scelta strategica rilevante per un birrificio artigianale: «Ovviamente il rischio è maggiore - continua Gilmozzi - perché se il raccolto andasse male, ci si potrebbe trovare a dover lavorare con una materia prima di qualità inferiore rispetto a quella che si può reperire sul mercato. Di contro, però, la tracciabilità delle coltivazioni rappresenta certamente un valore aggiunto ed una caratteristica distintiva della nostra birra, che risulta così sempre più legata al territorio d’origine: con il cliente bisogna essere sinceri. Questo vale in particolare per il luppolo, che è l’ingrediente più strategico, in quanto conferisce l’aromaticità alla birra. Noi coltiviamo sul nostro territorio 6 varietà di malti sulle 8 totali che utilizziamo nei nostri prodotti, arrivando a coprire con le nostre coltivazioni fino al 90% del fabbisogno. Fino ad ora il raccolto è sempre stato molto soddisfacente: è una coltivazione molto onerosa, perché al pari delle vigna richiede un impianto alto 6-7 metri, le piante vanno rincalzate almeno 2 volte durante la crescita ed occorre ogni anno eliminare i germogli che non servono. La forte escursione termica è un ottimo alleato, perché fa sì che la pianta generi resina e molti olii: questo porta ad aromi particolari e più intensi».

Luppolo ed orzo non sono gli unici ingredienti locali ad entrare nelle bevande del birrificio fiemmese: tra i prodotti è presente anche la «Lupinus», che viene realizzata con l’aggiunta di una particolare varietà di lupino, nota come «Caffè di Anterivo».

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