Dolomiti / Il caso

Marmolada, Gaddo (prevenzione rischi): «Sensori poco utili in questa fase, impensabile coprire l'intera parte nord»

L'esperto del servizio provinciale spiega che i monitoraggi proseguono con altri metodi e sono previste nuove rilevazioni radar. «Al momento, la presenza di acqua sotto la calotta appare visivamente limitata, il risultato dello scioglimento sembra si disperda senza creare situazioni di potenziale pericolo per gli escursionisti»

AZIONI Caldo record in Marmolada, monitoraggi continui sul ghiacciaio ma per ora niente restrizioni

TRENTO. Monitoraggi costanti, dall’alto, con sorvoli quotidiani. Ma nessun sensore o altre apparecchiature al suolo, come invece era stato predisposto un anno fa dopo la tragedia del 3 luglio.

Come spiega Mauro Gaddo, direttore dell’ufficio previsioni e pianificazione del Servizio prevenzione rischi della Provincia, ora come ora non sarebbero utili.

«Se un anno fa avevamo utilizzano radar doppler e interferometri era stato unicamente per garantire la più ampia sicurezza possibile ai soccorritori ma ora, a sentieri aperti non servirebbero. Nel caso dei radar doppler, erano collegati a una sirena con il sistema che entrava in funzione nel caso di movimenti improvvisi ma il tutto era sistemato nei pressi del punto in cui operavano i soccorritori. Non sarebbe pensabile piazzare su tutta la parete nord dei sistemi di rilevazione e di allarme in grado di coprire l’intero itinerario. È inimmaginabile, prima ancora che irrealizzabile. Anche perché dato il contesto del quale stiamo parlando i falsi allarmi sarebbero numerosi, come si è visto nel caso dell’altro sistema utilizzato, quello degli interferometri, che rilevano - al contrario di ciò per cui erano stati piazzati i radar doppler - i movimenti lenti: nel caso di eccessivi scostamenti, scattava l’alert.

Ma stiamo parlando di un ghiacciaio, di una montagna, di un complesso che si muove naturalmente e fisiologicamente ogni giorno. È davvero ardito pensare insomma di poter utilizzare su larga scala ciò che era stato utilizzato per garantire la sicurezza in aree circoscritte».

Ma non per questo ricerche e rilevazioni si fermeranno, anzi, come spiega sempre Gaddo: «Venerdì torneranno in quota gli esperti e i ricercatori dell’Università di Trento, con l’apparecchiatura radar (montata a bordo di un elicottero) con cui già a luglio erano stati raccolti dei dati, che potranno non solo di dirci quale sia lo spessore del ghiaccio ma soprattutto di rilevare la presenza di acqua sotto alla calotta. Ulteriori rilevazioni di questo tipo saranno fatte anche in inverno quando acqua non dovrebbe essercene, proprio per capire quale sia, in profondità lo stato del ghiacciaio e quali possano essere le aree a rischio e le criticità. A quel punto, con l’esito degli studi degli esperti in mano, potremo pensare a mettere in piedi, se ve ne sarà bisogno, un sistema di allertamento mirato. Ma, al momento, la presenza di acqua sotto la calotta appare visivamente limitata. Questo non vuol dire che la fusione non prosegua a ritmi davvero preoccupanti: ma che il risultato dello scioglimento sembra si disperda senza creare situazioni di potenziale pericolo per gli escursionisti che frequentano la Marmolada».

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