Alto Garda, albergatori e ristoratori: "Saremo noi gli utimi a ripartire"

di Davide Pivetti

Ristoratori, baristi e albergatori la «fase due» non la vedono nemmeno da lontano. Mentre in Italia e in Trentino si inizia a ragionare su possibili ripartenze e riaperture, nell’Alto Garda è convinzione diffusa che il settore turistico sarà l’ultimo a ripartire e che il prezzo da pagare alla fine sarà più salato che per altri settori. Con qualche distinguo. Mentre ristoranti e locali sono pronti a tirar su la serranda anche per una stagione ridotta ai minimi termini, molti albergatori (soprattutto quelli più importanti) iniziano a pensare seriamente di non riaprire proprio quest’anno.

«È evidente che saremo gli ultimi ad aprire insieme a parrucchieri ed estestisti - dice Paolo Turrini, presidente dei ristoratori - e c’è di più, le responsabilità che potrebbero esserci accollate: bene attenzione e distanziamento, mascherina e sanificazione, ma raccogliamo ipotesi su nuove norme che potrebbero metterci in croce, come l’obbligo di misurare la febbre al cliente che entra nel ristorante. La categoria farà tutti gli sforzi necessari ma non ce ne chiedano altri. Noi siamo pronti e non vediamo l’ora di riaprire, erano anni che non vedevamo una Pasqua con un sole così...».

Nel “manifesto” che Turrini proporrà ai vertici provinciali dell’associazione per i tavoli istituzionali c’è la richiesta di «una messa in sicurezza sanitaria di tutto il territorio provinciale» attraverso la creazione di un «passaporto sanitario». «Dobbiamo dimostrare che il nostro territorio è sicuro anche all’esterno, e chi verrà nella nostra zona deve dimostrare di stare bene. Così so che faccio entrare un cliente che non dovrebbe avere problemi e siamo tutti un po’ più tranquilli a lavorare».

«Riaperture? Difficile ragionare senza dati oggettivi. Metà maggio? La fine? Apriamo e quanta gente avremo? Il 50%, il 20% dell’anno scorso? La verità è che non sappiamo nulla» dice Vasco Bresciani, presidente dei pubblici esercizi nell’Alto Garda. «Come andrà? Dobbiamo metterci dalla parte del cliente e capire. Se io fossi un bavarese invece di prendere un aereo pieno di gente per chissà dove scenderei con la mia auto sul lago. Ma sono speranze, la percezione in questo momento è di totale sconforto. Anche tra i nostri colleghi qualcuno si sta organizzando per fare le consegne a casa, ma è poca cosa. Possiamo portare un cocktail a domicilio, mica una birra o un caffé...».

«Non ho dubbi che saremo gli ultimi a ripartire - analizza Enzo Bassetti, presidente dell’Unat altogardesana - gli operatori del turismo sono i primi ad essersi fermati e saranno gli ultimi a uscirne. D’altronde l’ospitalità è il nostro lavoro: significa sorridere, abbracciare, stringere mani. Per ora non riusciamo a vedere nessuna fase due. Negli alberghi non facciamo “mordi e fuggi”, il nostro è un contatto umano a tutti gli effetti, ad oggi improponibile. E poi prima che riapra un albergo occorre che riapra tutto il resto attorno, altrimenti cosa proponiamo, una città deserta? Quest’anno si punterà di più sulla clientela italiana, ma è quello che faranno tutti in Italia. Il mercato straniero ripartirà anche dopo il nostro».

Bassetti non si illude e guarda alla straordinarietà della situazione: «Anche dovesse arrivare il cessato allarme, quanta gente avrà già finito le ferie? Quanta avrà lo stesso reddito di prima? Quanta potrà pensare alle vacanze invece che a rimettere in piedi la sua azienda o la sua condizione familiare?».

Al punto che qualche grande albergo potrebbe proprio non riaprire per tutto il 2020: «Certo, i costi fissi forse si possono rinviare o ridurre, ma quelli variabili no. Appena apri devi esser certo di avere entrare superiori ai costi e se non hai abbastanza ospiti non vale proprio la pena riaprire un albergo. Molti colleghi danno per persa anche la stagione estiva».

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