Covid / Il caso

In Italia vaccini a tutti, in Trentino solo sopra i 50 anni: il dottor Ferro ci spiega perché (è una strategia, dice)

Le parole del direttore sanitario: «Un diciottenne vaccinato non vale come un settantenne vaccinato», «Aprire ai ventenni oggi non ha un grande senso», «Pere e mele non possono essere confrontate»

PROVINCIA La nuova ordinanza

di Matteo Lunelli

TRENTO. «Un diciottenne vaccinato non vale come un settantenne vaccinato. Dal punto di vista della sanità pubblica l'importanza è diversa. Dare una dose sopra i cinquanta anni vuol dire proteggere la persona ma vuol dire anche proteggere l'ospedale e il nostro sistema sanitario. Pere e mele non possono essere confrontate». Il dottor Antonio Ferro, direttore sanitario e direttore del Dipartimento prevenzione è alle prese con una campagna vaccinale storica. Un'operazione mai vista prima, da portare avanti tra mille difficoltà ma nel più breve tempo possibile. Ci spiega la strategia che intende portare avanti. Una strategia che è anche la risposta alle domande che in tanti si fanno in questi giorni, e che riguardano l'apertura ai quarantenni, l'apertura ai maggiorenni, le cosiddette "AstraZeneca night".

Dottore, ci pare di capire che è meglio "recuperare", impiegando tempo ed energie, uno dei relativamente pochi anziani che non si è vaccinato che andare a proteggere subito dieci quarantenni, trentenni o ventenni.

È una strategia di sanità pubblica. Coprire gli over 50 ha un'importanza differente rispetto ad altre fasce d'età. E in questo ragionamento rientrano anche i fragili, gli "esenti ticket" ai quali abbiamo dato la priorità rispetto ai 40-49 anni. Gli anziani e i fragili corrono rischi maggiori se si infettano, percentualmente finiscono più spesso in ospedale o muoiono. Nelle fasce più anziane abbiamo avuto una risposta e una copertura importante, al top nazionale. Cosa stiamo facendo ancora? A tutti i trentini sopra i 70 anni che non si erano vaccinati abbiamo inviato delle lettere, delle sollecitazioni all'adesione. Ne abbiamo contattati 14 mila e il 25% lo abbiamo convinto. Quindi circa 3.500 che inizialmente non si erano vaccinati oggi o hanno già ricevuto la puntura o sono prenotati e l'avranno nei prossimi giorni. Un risultato ottimo. E il fatto di aver protetto altre migliaia di anziani in più lo vediamo concretamente nei dati del bollettino ogni giorno: i positivi sono pochissimi, le ospedalizzazioni calano e i decessi sono a 0 da undici giorni consecutivi.

E con gli over 60?

Abbiamo fatto altrettanto, ma ci vogliono circa due settimane per valutare la risposta. Se ne recuperassimo il 25% sarebbe un altro grande risultato.

In questa strategia si inseriscono anche le vaccinazioni a domicilio, che costano tempo, personale e fatica, ma che sono fondamentali.

Noi abbiamo vaccinato in Trentino ben 7.500 persone nella propria abitazione perché non possono muoversi. In generale, tornando alla fascia anziana, l'idea è quella di andare a prendere a casa uno ad uno quelli che non si sono ancora vaccinati. Bisogna però guardare anche al futuro. Il Trentino ha dimostrato di poter somministrare anche cinquemila o seimila dosi al giorno, ma nei prossimi giorni avendo da dare "solo" seconde dosi, anziani "recuperati" e i pochissimi che hanno aderito tra gli esenti ticket avremo molti "buchi" e rallenteremmo. Nonostante l'attenzione massima ad anziani e fragili a breve apriremo ugualmente ai quarantenni. Decideremo se dare il via libera a 40-49 o prima a 45-49 anni: nei mesi scorsi abbiamo visto che ad ogni apertura circa il 45-50 per cento del totale di una fascia di età aderiva subito, nelle primissime ore. Dobbiamo quindi fare dei calcoli in base alle dosi che abbiamo. Aprire sì, ma con certezze ci pare di capire. Io voglio aprire, ma voglio anche dare una risposta seria alle persone di quel determinato target. Se abbiamo duemila spazi e la domanda è di ottomila persone, sarebbe poco serio dare appuntamenti due o tre settimane più tardi. Anche le "AstraZeneca night" potremmo farle, ma l'impatto sulla sanità pubblica di quelle iniziative è irrisorio. Torno al discorso iniziale: prima chi rischia di più.

Ma i giovani, prima o poi, dovranno essere protetti. Ci è stato detto che erano loro a portare in giro il virus in inverno.

Quando avremo le dosi mi impegnerò tantissimo per proteggerli, ci sarà una campagna informativa fortissima. Aprire ai ventenni oggi non ha un grande senso. Sarò ripetitivo ma lo ridico: le cartucce che ho da sparare oggi le sparo sui bersagli importanti.

L'Alto Adige ha aperto a tutti, in questi giorni sta correndo più di noi dal punto di vista delle dosi quotidiane (in media l'ultima settimana 4668 a Bolzano e 3554 a Trento).

Loro hanno aperto a tutti perché non hanno copertura nelle fasce d'età più anziane. Leggo che le due province vanno a due velocità diverse: e per fortuna, aggiungerei, perché noi stiamo ancora dando dosi agli over 50, per questo non abbiamo ancora aperto alle età inferiori. Leggere che il Trentino arranca solo perché altri hanno aperto a tutti è una bestemmia scientifica. Come già detto potremmo aprire subito e poi dare la prima dose a luglio, ma abbiamo sempre scelto, per serietà e rispetto, di dare il via libera a prenotazioni quando potevamo garantire la somministrazione entro qualche giorno, se non il giorno dopo.

Si parla molto delle AstraZeneca night: noi abbiamo in frigo oltre ventimila di queste dosi, perché non le diamo a chi vuole?

Quando c'era una alta percentuale di casi positivi aveva un senso utilizzare quel vaccino anche con i più giovani, perché il rapporto rischi-benefici era nettamente a favore dei secondi. Oggi l'endemia virale è molto più bassa e bisogna tenerne conto. Per questo le indicazioni di sanità pubblica valgono per un mese al massimo, poi le strategie possono cambiare. Dire diamo AstraZeneca dai 18 anni in su e chi viene viene non è scevro di rischi. Un minimo rischio di trombosi nelle donne fino ai 48 anni c'è e quindi ci vogliono indicazioni scientifiche a riguardo. A breve dovrebbero arrivare anche da noi tante dosi di AstraZeneca ma finché non verrà abbassata l'età saranno poco utilizzate. E se siamo un Paese serio dobbiamo seguire ciò che ci dicono Istituto superiore di sanità e ministero.

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