Per gli interventi minori tempi lunghi al S. Chiara

Garantite le urgenze e il settore legato all'oncologia. Slittano molto frequentemente le altre operazioni

di Patrizia Todesco

Quando si tratta di un'urgenza, di una patologia oncologica, i tempi sono contenuti e in sala operatoria, al termine del ciclo degli esami necessari, si entra. Il problema, al S. Chiara, sorge quando gli interventi riguardano patologie non oncologiche. Interventi da effettuare, che il medico di turno ha raccomandato, ma che continuano a slittare di settimana in settimana perché nella lista d'attesa dinamica in cima - giustamente - salgono sempre gli interventi oncologici. Ed ecco allora che le persone si stufano e vanno altrove.

Sale così la cosiddetta mobilità passiva, i pazienti trentini che si rivolgono a Verona, Peschiera, Negrar o Bolzano, non perché non si fidino dei professionisti che lavorano in Trentino, ma perché lì gli interventi vengono effettuati prima. Questo, secondo gli addetti ai lavori, anche perché, per chi viene da fuori, ci sarebbe una lista con accesso prioritario visto che queste prestazioni vengono poi pagate. Evidente che, dal 25 novembre, da quando è entrata in vigore la norma che impone 11 ore di riposo anche ai medici e agli altri professionisti che lavorano in ospedale, le cose si sono ulteriormente complicate.

«Noi non abbiamo decurtato nemmeno una visita - assicura il primario di neurochirurgia Franco Chioffi - ma è evidente che per rispettare i turni siamo ogni giorno uno in meno in servizio e le richieste che ci arrivano sono sempre di più. Questo è un bene per il reparto perché vuol dire che stiamo lavorando bene e le persone si fidano di noi, ma è ovviamente un imbuto. Abbiamo più visite, quindi più interventi da fare e pur usando la sala operatoria tutti i giorni, non riusciamo a soddisfare tutti. Stiamo cercando di aumentare l'organico ma non è semplice. Non posso operare tutti i pazienti io, e se metto un paziente nelle mani di un altro neurochirurgo voglio essere sicuro delle sue capacità. Per questo non basta voler un neurochirurgo in più in organico, ci vuole la persona giusta, capace. Quindi sulle patologie urgenti, dove c'è la priorità, non c'è stato sicuramente allungamento dei tempi, ma solo perché noi lavoriamo a ritmi elevatissimi. È comunque evidente che serve un'integrazione che a breve arriverà».

Anche per il primario di urologia Gianni Malossini il problema non si pone per le patologie oncologiche, ma per quelle benigne che in questi ultimi tempi sono sicuramente penalizzate. «Noi abbiamo la fortuna di poter fare molto a Rovereto - spiega Malossini - ma mi auguro che a livello provinciale si mettano una mano sul cuore e capiscano che il S. Chiara va potenziato, che c'è bisogno di anestesisti e sale operatorie. Noi siamo gli unici urologi della provincia ed è chiaro che se avessimo qualche possibilità in più potremmo ridurre le liste d'attesa per le patologie benigne, la calcolosi, ad esempio. Le liste però sono pienissime e certe patologie hanno sempre la priorità su altre».

Contenendo le ferie e le uscite dei medici per convegni e formazione, anche la chirurgia guidata dal dottor Alberto Brolese è riuscita a far fronte alle nuove regole sui riposi. Ma anche qui le esigenze si accumulano e primo o poi l'organizzazione potrebbe non reggere. «Abbiamo fatto richiesta di un aumento di organico, almeno una persona in più - dice Brolese - e se arrivasse dovrebbe dovrebbe terminare anche questo periodo nel quale comunque siamo riusciti a rispondere alle esigenze della patologia oncologica».

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