Lavoro, nuovo scontro Renzi-Landini

di Zenone Sovilla

Lo scontro a distanza fra il governo Renzi e il sindacato ha vissuto oggi una nuova pagina, dopo le polemiche di ieri per la scelta del ministro del lavoro, Giuliano Poetti, di non parlare al congresso Uil che ha eletto il nuovo segretario Carmelo Barbagallo. Oggi dal palco di Napoli, per lo sciopero Fiom, è stato di nuovo il segretario dei mettalmeccanici Cgil ad attaccare le politiche di Matteo Renzi, che «piacciono tanto a Confindustria ma che non hanno il consenso della maggioranza dei lavoratori, dei giovani e dei precari».

Al segretario Fiom, anche riprendendo un'espressione («Renzi non ha il consenso degli onesti»), riportata dalle agenzie ma subito smentita dal leader Fiom, hanno risposto in rapida sequenza il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi («personalmente mi ritengo molto onesto; anzi non onesto, di più»), il presidente del Pd Matteo Orfini («così Landini offende milioni di lavoratori») e lo stesso premier che anche oggi era ospite di un'iniziativa dell'associazione degli industriali, a Roma, «Business Europe», in cui erano riuniti imprenditori italiani e internazionali che il premier ha invitato a investire: «A dicembre - ha detto l'ex sindaco di Firenze rivolgendosi alla platea industriale -  sarà votata la riforma, da gennaio avremo cambiato il regime fiscale del mercato del lavoro. Abbiamo tagliato l'articolo 18 e introdotto la possibilità di ridurre le tasse se la gente decide di investire in nuovi posti lavoro».
Quanto al sindacato, Renzi ha ripetuto le sue critiche:
«Si salva il lavoro tenendo aperte le fabbriche e non alimentando polemiche, risolvendo le crisi industriali e non giocando a chi urla più forte».

All'incontro con Renzi,
Giorgio Squinzi ha ribadito che la Confindustria apprezza gli sforzi fatti dal governo per le riforme e sul Jobs Act (nuove norme sul lavoro e depotenziamento dell'articolo 18) ha incitato il governo a fare in fretta, serve anche mettendo le Camere di fronte a una nuova questione di fiducia. «I tempi sono importante e va bene anche mettere la fiducia sul provvedimento che oggi inizia l'esame nell'aula della Camera. Discutere di migliaia di emendamenti è una cosa complessa. Se c'è un aggiustamento complessivo di buon senso va bene anche la fiducia».

A proposito di onestà, pur negando di aver mai usato l'espressione contestatagli e rilanciata con enfasi da alcune agenzie, Landini si è poi rivolto a Squinzi, replicando:
«Perchè lui non caccia fuori da Confindustria le aziende che pagano le mazzette, che corrompono. Perché non caccia fuori i Riva, quelli che portano i soldi in Svizzera?».

Quanto a Renzi, il numero uno dei mettalmeccanici ha ribadito l'accusa al premier di voler ricacciare i lavoratori a condizioni dei decenni o secoli passati:
«Non sta creando lavoro ma sta trasformando le condizioni di chi lavora in schiavitù. Stiamo assistend a un tentativo pericolosissimo di far passare l'idea che pur di lavorare uno deve essere pronto ad accettare qualunque condizione. Il premier ha detto che il mestiere degli altri è solo scioperare e che lui invece crea lavoro. Ho pensato che nella storia del mondo c'era stata una persona, Gesù Cristo, che aveva fatto miracoli camminando sull'acqua e moltiplicando pani e pesci, ma nemmeno lui era riuscito a creare lavoro. Mi sono chiesto se siamo di fronte a un delirio di onnipotenza o ad una persona che non è in grado di affrontare i problemi di questo Paese».

Infine, tornando sulla frase messa sotto accusa, Landini ha precisato:
«Mai pensato - come mi viene attribuito da alcuni mezzi di informazione - che Renzi non ha il consenso degli onesti, ho detto - e ribadisco - che il premier non ha il consenso della maggioranza delle persone che lavorano o che il lavoro lo cercano e che sono nella parte onesta del paese che paga le tasse. Queste persone sono parte di quella parte del paese onesta che paga le tasse e tiene in piedi questo Paese. A quelli che hanno la cosa di paglia dico: facciano i provvedimenti giusti».

A infiammare la polemica, peraltro, aveva pensato ieri il premieri, alzando i toni sulla decisione di Cgil e Uil di attuare lo sciopero generale il 12 dicembre (la Cisl invece non ci sta):
«Anzichè passare il tempo ad inventarsi ragioni per fare scioperi, mi preoccupo di creare posti di lavoro», aveva detto il presidente del consiglio. I sindacati non ci stanno e pur con motivi diversi avevano respinto il duro l'attacco. «È irrispettoso per il lavoro e per il sacrificio dei lavoratori», aveva replicato il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, aggiungendo: «Renzi dialoga solo con chi gli dà ragione, invece bisognerebbe ascoltare le ragioni del disagio nel mondo del lavoro e dare risposte positive, con le misure del governo (Jobs Act e legge di stabilità, ndr) si torna all'800 e non si crea lavoro».

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