Trump e l'ambiente: negli Usa il clima si surriscalda

Una immagine insolita davanti l’entrata nord lungo Pennsylvania Avenue della Casa Bianca, un luogo divenuto famoso per le frequenti manifestazioni di protesta contro dente Donald Trump. Oggi davanti a Lafayette Square si è riunito invece il popolo del presidente, sceso in piazza per sostenerlo mentre tutto intorno, nel mondo, le critiche verso la scelta del tycoon di ritirare gli Usa dall’accordo di Parigi sul clima riecheggiano all’unisono.

L’ultima voce ad unirsi al coro è quella di Arnold Schwarzenegger, già governatore repubblicano della California, che tuona dalla sua pagina Facebook: «Un uomo solo non può distruggere il progresso, un uomo solo non può fermare la nostra rivoluzione verde, un uomo solo non può tornare indietro le tempo». «Solo io posso», aggiunge con autoironia rimettendo per un attimo i panni di Terminator. «Come presidente - incalza ancora l’ex culturista di origine austriaca - la prima e più importante responsabilità è proteggere il tuo popolo. Non possiamo restare fermi di fronte alle persone che muoiono a causa dell’inquinamento».

Non sono molti i manifestanti, la piazza non è nemmeno piena, ma radunare una folla pro Trump è un’impresa a Washington DC dove oltre il 90% dell’elettorato è democratico.

In un parallelo raduno a New York la partecipazione risulta più massiccia. L’evento nella capitale è pressoché inedito. È stato organizzato da sezioni del partito repubblicano dei vicini stati di Maryland e Virginia, adottando per l’occasione lo slogan "Pittsburgh, non Parigi" che riprende uno dei commenti del presidente Usa che, a difesa della sua decisione, ha ricordato di essere stato eletto a Pittsburgh - appunto - e non a Parigi.

Ma se non mancano di aderire alla scelta di Trump di staccarsi dal resto del mondo in fatto di cambiamenti climatici, per molti Parigi non è il focus della manifestazione: l’obiettivo è mostrare sostegno per Trump, «il nostro presidente», rispondere a tutte quelle marce di protesta che continuano a sfilare in lungo e in largo per ilo Paese.

Anche oggi, in 135 città negli Usa, con la «marcia della verità», organizzata tramite il tam tam via web per chiedere a gran voce di fare chiarezza sul cosiddetto Russiagate. Si sfila anche a Manhattan e sul Mall a Washington, ma senza le folle oceaniche delle prime manifestazioni anti Trump dopo le elezioni.
»Io non sono qui per l’accordo di Parigi. Non mi interessano questi temi globali. Io sono qui per Trump e per le cose importanti: lavoro, lavoro, lavoro!«, spiega Marilyn che da nubile di cognome si chiamava Rubino, di origine napoletana tiene a precisare. Trump «sta facendo bene, lo sostengo. Ma se non farà quanto aveva promesso, se si mostra debole, è finito. Solo in quel caso però».

Marilyn spiega che lei, pur registrata repubblicana, nel partito e nell’establishment non si identifica. E se l’opposizione a Trump dei democratici non la disturba e la trova normale, a suo avviso sono i repubblicani a Capitol Hill che tentano di colpire alle spalle il presidente. Marilyn ha poi una sua teoria anche sul motivo per cui i media non hanno previsto l’elezione di Trump, «perchè la gente non diceva in giro di votare Trump, non poteva».

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