Economia / Il tema

Livello dei salari in Trentino, scontro sindacati-Confesercenti

L'associazione di categoria nega che i livelli retributivi siano un'emergenza: "Le priorità sono il tema casa,  sicurezza, i costi di affitto per gli esercizi e la profonda crisi del commercio al dettaglio". Cgil, Cisl e Uil: "I settori che rappresenta tengono bloccate le retribuzioni da cinque anni rispetto alla scadenza dei contratti e intanto c'è l'erosione da inflazione"

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TRENTO. Confesercenti difende il ruolo delle imprese in Trentino e respinge le accuse sui livelli bassi dei salari. Ma i sindacati Cgil, Cisl e Uil tengono il punto e rilanciano sulla necessità che i lavoratori sianor etribuiti meglio, anche a fronte del carovita da inflazione e dei costi dell'abitare.

"Dallo studio pubblicato nei giorni scorsi da Confesercenti nazionale emerge come, se è vero che a livello italiano l'aumento dei prezzi sgonfi gli aumenti nominali di reddito e annulli la ripartenza post-lockdown, rispetto al 2019 il reddito reale medio cresca però in sette regioni e una di queste è proprio il Trentino", afferma il presidente di Confesercenti Trentino Mauro Paissan a margine di un incontro con il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti.

"Per le famiglie di sette regioni, infatti, il bilancio è positivo, prevalentemente a nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d'Aosta (+2.951 euro, l'incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro)", riferisce Paissan, aggiungendo che, "al contrario di quanto emergeva dai dati riferiti al 2019, la provincia di Trento non mi pare essere per nulla fanalino di coda su questo tema".

"La situazione più drammatica in questo momento in Trentino non sono i salari. Ci sono altre emergenze, e solo per citarne alcune, come il tema casa e degli alloggi per i lavoratori, della sicurezza sia per gli operatori economici che per tutti i cittadini; ed ancora l'incidenza dei costi di affitto per gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi e la profonda crisi del commercio al dettaglio e sempre più anche di quello ambulante", conclude Paissan.

A stretto giro la controreplica dei sindacati: “Se la situazione salariale in Trentino non fosse un’emergenza le parole del presidente di Confesercenti suonerebbero confortanti. Purtroppo, però, non è così. E bene dovrebbe saperlo il presidente Paissan visto che i settori economici che rappresenta sono quelli che tengono bloccate le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori da 5 anni rispetto alla reale scadenza dei contratti nazionali", scrivono Cgil, Cisl e Uil.

E aggiungono: "Il punto comunque sono proprio le retribuzioni: salario mensile e orario è cosa diversa dal reddito familiare su cui impattano diverse componenti economiche, comprese le misure di sostegno al reddito. Il reddito familiare inoltre è dettato dal tasso di occupazione complessiva che è cresciuto. È inconfutabile, invece, che le retribuzioni sono aumentate meno dell’inflazione e oggi lavoratrici e lavoratori dipendenti sono più poveri. Un problema acuito in Trentino dove i settori con paghe orarie più basse, lavori precari e stagionali, cioè il turismo in senso lato e il commercio, rappresentano una fetta importante della nostra economia.

A conferma delle difficoltà delle famiglie trentine è anche l’ultima indagine della Camera di commercio di Trento che dopo Bankitalia certifica la difficoltà di risparmiare proprio perché il costo della vita consuma tutto il reddito mensile.

Se non fosse così non avremmo famiglie che faticano, lavoratrici e lavoratori poveri, giovani qualificati che lasciano il Trentino per avere condizioni retributive e professionali migliori.

Nulla in contrario dunque sulla necessità di sostenere la crescita di produttività e gli investimenti delle imprese. È un tema che Cgil Cisl Uil ribadiscono da tempo. Bisogna però ricordarsi che solo politiche pubbliche selettive spingono investimenti delle imprese e dunque hanno un effetto sulla produttività. E questo andrebbe detto, con onestà intellettuale, anche da chi rappresenta le aziende.

Infine non si può pensare di scaricare sulle casse pubbliche ed dunque sulla fiscalità generale il tema degli alloggi per i lavoratori. In Trentino esiste un problema casa che va affrontato nel suo complesso, senza pregiudizi e riconoscendo priorità a chi si trova in condizione di maggiore marginalità economica e sociale".

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