Tagliati 180 milioni di crediti agevolati

Dall'esplodere della crisi nell'autunno 2008 la Provincia ha messo in campo 62 milioni di euro per favorire l'accesso al credito delle imprese. Di essi, 15 milioni sono stati destinati all'abbattimento degli interessi mentre 47 milioni hanno alimentato i fondi di garanzia dei Confidi trentini, 7 milioni quelli ordinari, 40 quelli straordinari attivati come misura anticrisi

di Francesco Terreri

Dall'esplodere della crisi nell'autunno 2008 la Provincia ha messo in campo 62 milioni di euro per favorire l'accesso al credito delle imprese. Di essi, 15 milioni sono stati destinati all'abbattimento degli interessi mentre 47 milioni hanno alimentato i fondi di garanzia dei Confidi trentini, 7 milioni quelli ordinari, 40 quelli straordinari attivati come misura anticrisi. Un intervento di questa portata, quasi unico in Italia, avrebbe dovuto mobilitare 780 milioni di nuovi crediti a condizioni agevolate. Invece le banche si sono fermate a circa 600 milioni, tagliando 180 milioni di ossigeno finanziario al sistema produttivo.
La denuncia, alla vigilia degli stati generali dell'edilizia (se ne parla a pagina 14) e di una nuova convenzione tra banche, Provincia e Confidi (vedi box), è dell'assessore provinciale  Alessandro Olivi . «Molti sono gli strumenti che stiamo mettendo in campo contro la crisi - afferma - ma restano insufficienti senza affrontare il nodo del credito, senza che giri denaro. Il consistente investimento pubblico di questi anni per favorire l'accesso al credito non ha però dato un effetto proporzionale di mobilitazione dei finanziamenti bancari».
I dati elaborati dal direttore dell'Apiae  Claudio Moser  dicono che i primi interventi anticrisi, i cosiddetti mutui di riassetto, fecero l'en plein: circa 400-450 milioni di finanziamenti per riequilibrare l'assetto finanziario delle imprese. Il resto invece è stato poca cosa. I prestiti partecipativi, ad esempio, dovevano mobilitare 200 milioni: si sono fermati a 130, nonostante l'impegno delle imprese di mettere nuovo capitale.
«Le imprese - sostiene Olivi - incontrano sempre più difficoltà sul credito di funzionamento. L'impatto è anche sulle aziende che hanno lavoro e commesse. Perciò abbiamo messo in campo interventi come i finanziamenti a breve che si firmano mercoledì e la cappatura. Ma su questo si sono attivate solo le Casse rurali. Inoltre le più piccole hanno avuto difficoltà ad accettare una garanzia ridotta».
«Così - prosegue Olivi - abbiamo ridefinito l'accordo con le 7-8 Rurali più grandi, sempre coordinate da Cassa Centrale. E i frutti si cominciano a vedere: in due settimane sono partiti 9 milioni di crediti con Confidimpresa e 5 milioni con la Cooperativa Artigiana di Garanzia. Ricordo però che partivamo da un obiettivo di 100 milioni. E se consideriamo gli accordi analoghi siglati ad esempio con Unicredit, l'utilizzo è molto ridotto».
«Le grandi banche - prosegue l'assessore - si basano su politiche di rating che oggi registra un abbassamento generalizzato, con analisi automatiche e senza guardare in faccia l'imprenditore. Ma è inaccettabile che il sistema bancario respinga le domande delle imprese perché non meritevoli, senza tener conto che c'è la crisi».
Nella trattativa per il fondo per il credito a breve, rivela Olivi, «le Rurali hanno manifestato preoccupazione sulla partecipazione di tutti gli attori, altrimenti il nuovo credito agevolato verrebbe utilizzato per chiudere esposizioni verso altre banche. Chiedo alle banche solidarietà: non si possono usare risorse pubbliche per favorire il rientro da posizioni debitorie».
«Nel complesso - afferma Olivi - le Casse rurali hanno cercato di rispondere alle imprese, hanno mostrato di essere più socialmente responsabili ma sono arrivate ai limiti, non riescono a coprire il fabbisogno. Le grandi banche nazionali, che avrebbero le risorse, si impegnano poco. Pesa in Trentino l'assenza di un soggetto bancario intermedio, una banca di media grandezza con radici forti nel territorio». Forse, se procederà, il progetto di fusione Cassa Centrale-Mediocredito.

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