Politica / L’intervista

Elezioni europee, il senatore Pietro Patton: «Sarebbe importante eleggere un trentino»

Eletto con il centrosinistra, fa parte del Gruppo per le autonomie: «Si deve fare subito qualcosa sull’immigrazione, perché senza la forza lavoro che serve il sistema imploderà, in Italia e nella nostra provincia prima che altrove» 

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di Luisa Maria Patruno

TRENTO. «Le elezioni europee saranno un'occasione per contarsi, visto che si vota con un proporzionale vero, ben diverso dalle Politiche o dalle elezioni regionali, e già si capirà quali saranno le forze politiche, che sopravviveranno nel prossimo decennio». Il senatore del Gruppo per le autonomie, Pietro Patton, è stato eletto nel collegio di Trento-Val di Non-Val di Sole, con l'Alleanza democratica e autonomista, una coalizione di centrosinistra allargata ad Azione e Italia Viva, la stessa che si è ripresentata poi alle elezioni Provinciali insieme alle forze territoriali Campobase e Casa Autonomia.eu.

Patton, dunque, ritiene molto importanti le elezioni dell'8 e 9 giugno, che sembrano interessare invece molto poco i cittadini, non solo perché «il futuro dell'Europa è fondamentale per gli Stati nazionali», ma anche per gli scenari politici legati a questo appuntamento elettorale, complicato da una situazione di instabilità legata alle guerre in corso Ucraina e a Gaza.

Senatore Patton, cosa può augurarsi il Trentino dalle prossime elezioni europee?
Quello che veramente sarebbe importante è che il Trentino tornasse ad avere un proprio rappresentante, cosa che vedo abbastanza difficile.

Siamo un territorio troppo piccolo rispetto alle altre Regioni della nostra circoscrizione (Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia). Serve un nome che sia conosciuto anche fuori provincia?
Bisognerebbe che i trentini votassero compatti, concentrando la preferenza su un nome. Diciamo che ai tempi della Democrazia cristiana poteva succedere, anche se c'erano altri sistemi elettorali per i parlamentari europei.

Visto che il sistema elettorale è proporzionale ogni partito farà la sua corsa.
Sì, è l'occasione per contarsi, dopo anni in cui non ci si conta più. Veniamo da cinque anni in cui è successo di tutto a livello nazionale e regionale, quindi finalmente è arrivato il momento.

Perché? Alle elezioni politiche del 2022 non ci si è contati?
Alle Politiche la quota del maggioritario incide e al di là del numero degli eletti è difficile pesare i voti dei singoli partiti. Ora, è la prima volta che si vota con un proporzionale vero ed è l'occasione per contarsi e capire anche chi sopravviverà nel prossimo decennio.

Addirittura, perché?
Chi resterà fuori, perché non raggiunge la soglia del 4%, ha il futuro segnato se passa la riforma del premierato.

Quindi, secondo i sondaggi, Azione, Verdi e Sinistra e Italia Viva, che però per questo ha unito le forze con +Europa, rischiano di sparire perché non si sa se riusciranno a superare il 4%?
Non posso certo fare nomi. Ma dico solo che siccome la legge sul premierato si porterà dietro la riforma della legge elettorale e la logica è quella che il premier che vince si prende almeno il 51% dei seggi, penso che in Italia tutti aspettano le Europee per contarsi e decidere che tipo di legge elettorale fare. Mi aspetto un proporzionale con sbarramento alto.

A proposito di riforma costituzionale del premierato, lei ha firmato un emendamento in commissione Affari costituzionali, a prima firma del suo collega altoatesino Meinhard Durnwalder, che è stato approvato, a tutela delle minoranze linguistiche. Cosa prevede?
Al testo del Governo, nella parte sulla futura legge elettorale, dove si parla di garantire la rappresentatività, ha aggiunto anche le minoranze linguistiche. Vuol dire che si dovrà tenere conto del principio della tutela delle minoranze linguistiche. Come si tradurrà, si dovrà vedere. Riguarderà sia l'Alto Adige che il Trentino.

Tornando alle elezioni europee, quali sono le politiche che l'Europa non può più permettersi di rinviare?
La qualità dei parlamentari europei che saranno eletti sarà fondamentale per le politiche della nuova Europa. Tutti i Paesi nazionali, contrariamente a quanto sembra, hanno infatti molto bisogno di Europa. Pensiamo solo alle politiche agricole, l'energia, il welfare. La società italiana ed europea invecchia e soprattutto, secondo me, la vera sfida della nuova Europa sono le politiche sull'immigrazione e la manodopera che serve all'Europa per restare operativa sul piano industriale e del servizi. Non è che possiamo attendere il prossimo giro, perché tra cinque anni, se non si fa qualcosa subito sul piano della forza lavoro, che serve, il sistema molto presto imploderà, soprattutto in Trentino e in Italia prima di altri.

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