Giustizia / L’attesa

Compleanno in carcere per Chico Forti, che non perde la speranza di scontare la pena in Italia

Oggi, giovedì 8 febbraio, il trentino detenuto dal 2000 nella prigione statunitense compie 65 anni. Si è sempre professato innocente. Nel 2020 l’ex ministro Luigi Di Maio aveva dato l’annuncio ufficiale del trasferimento, lo zio Gianni: «Adesso confidiamo in Giorgia Meloni»

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di Barbara Goio

MIAMICompleanno amaro quello di oggi (giovedì 8 febbraio) di Chico (Enrico) Forti nato a Trento 65 anni fa e dal 2000 in carcere negli Stati Uniti per una condanna a vita. La sua esistenza va divisa in tre momenti: un'adolescenza ed una giovinezza baciate dalla buona sorte, campione sportivo, vincitore di denaro, appassionato di windsurf, imprenditore di successo, produttore televisivo e cinematografico.

L'omicidio di Dale Pike nel febbraio del 1998 a Miami, di cui viene accusato Chico, segna il punto di svolta, cui segue un processo in cui non sono mancate zone d'ombra e vistose lacune e che si è concluso con la condanna all'ergastolo a vita: amici e parenti conducono una lunghissima battaglia giudiziaria per dimostrare la sua innocenza, o almeno la sua non colpevolezza. E infine a partire dal 2019 la ricerca di una soluzione, chiedendo il trasferimento di Chico in un carcere italiano.

«Questa richiesta - spiega lo zio Gianni, che da anni è impegnato in prima linea - si basa sulla Convenzione di Strasburgo e ancora il 23 dicembre 2020 sembrava cosa fatta, con l'allora ministro degli esteri di Maio che aveva ufficialmente comunicato l'avvenuto accordo con il governatore della Florida. Purtroppo le cose non sono andate come dovevano e Chico è ancora in cella negli Usa e non potrà uscire che da morto. Ci sentiamo via mail una volta a settimana, e lui cerca di farsi forza anche se è sempre più difficile. Gli è concesso di parlare al telefono cinque minuti ogni lunedì con la madre, che abita qui a Trento ed ha 96 anni e ormai vive solo con la speranza di poter un giorno riabbracciare il figlio. Nel penitenziario di Florida City, vicino a Miami, Chico si dedica al programma di rieducazione di cani, ed ha anche ricevuto un importante riconoscimento per il lavoro fatto, ma poi ogni volta deve separarsi dagli animali con cui ha costruito un rapporto».

I motivi per cui l'annunciato trasferimento non ha avuto seguito sono diversi: con l'elezione di Biden c'è stato un cambio di governo negli Stati Uniti, ed il governatore repubblicano della Florida aveva deciso di correre per la Casa Bianca: avere un dissidio con la procura, da sempre colpevolista, non gli avrebbe giovato politicamente. Inoltre secondo la legge americana, che si basa sulle sentenze precedenti, avere un "caso" come quello di Chico potrebbe aprire nuovi contenziosi. Infine, gli americani non avrebbero digerito l'indulto concesso a Silvia Baraldini, già prigioniera negli Usa e poi libera in Italia ancora nel 2006.

«Il governatore della Florida - spiega Gianni Forti - ha rinunciato alla corsa presidenziale ed è quindi ora più libero di muoversi: deve fare pressione per procedere con il trasferimento. È una strada in salita ma siamo speranzosi anche perché, dopo aver bussato a tutte le porte c'è l'impegno preciso della premier Meloni di fare il possibile per Chico. Purtroppo, come dice Nordio sul caso Salis (l'attivista italiana da un anno in prigione a Budapest, ndr) il governo non può interferire con l'autonomia giuridica di un altro Paese».

Con i confronti sul caso Salis, i sostenitori di Chico prendono le distanze: «L'unica analogia è che entrambi sono stati portati in tribunale in catene», ammette il presidente dell'Associazione Amici di Chico Forti Lorenzo Moggio. «Su oltre 2mila italiani incarcerati nel mondo - riprende Gianni Forti - Chico ha il record assoluto di permanenza in carcere: 24 anni sono tantissimi, una vita distrutta e non solo la sua, visto che il papà non ha retto e se n'è andato nel 2021, una tragedia nella tragedia».

E in tutto questo, «l'assenza di prove ad un processo indiziario contro un cittadino la cui fedina penale era immacolata, i rapporti amichevoli con gli Stati Uniti e la loro cura nel proteggere i propri cittadini, come è accaduto con il pilota del Cermis, rendono tutto più doloroso e paradossale», conclude il parente che ha sempre difeso l'innocenza di Chico: «Perfino il fratello ed il padre della vittima hanno detto più volte che non è stata fatta giustizia perché gli assassini sono ancora in libertà».

Una vicenda oscura, quella che si era consumata nel febbraio del 1998 e che vedeva la compravendita di un albergo di Miami, un truffatore tedesco indagato ma poi libero dopo un accordo extragiudiziale e l'assenza di prove.«Quello che serve - dice Moggio - è che il governatore della Florida faccia pressione affinché la sentenza di condanna, con le motivazioni scritte nero su bianco, giunga a Washington, così da far partire l'estradizione. Senza questi documenti non si può far nulla e neppure Biden in persona può cambiare le cose». Resta però viva la speranza. «Confidiamo nella maniera più assoluta che Giorgia Meloni ce la farà», dice Gianni Forti.

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