Carceri / L’attesa

I parenti di Chico Forti: «Il suo non è un caso Salis, ma chiediamo possa essere trasferito in Italia»

Detenuto negli Stati Uniti, «Lei è alla fase preliminare, per Chico c’è una sentenza. Ma siamo fiduciosi su una soluzione positiva»

TRENTO. "Dopo aver trascorso 25 anni nelle carceri di massima sicurezza nelle paludi della Florida per una condanna all'ergastolo crediamo sia umano garantire ora a Chico l'applicazione della convenzione di Strasburgo che prevede per la persona definitivamente condannata di poter scontare la pena nel suo paese di origine. Contatti sono in corso ai massimi livelli tra Italia e Usa e confidiamo che la vicenda possa concludersi positivamente".

È quanto sottolineano Gianni Forti, zio di Chico e Lorenzo Moggio, presidente del Comitato "Una Chance per Chico" che riunisce gli storici amici dell'imprenditore di Trento condannato all'ergastolo in Florida.

Forti e Moggio sottolineano che la vicenda Fortis è molto diversa dal caso di Ilaria Salis: sia sul piano giudiziario, perché in Ungheria si è alla fase processuale preliminare e negli Stati Uniti si è giunti alla condanna definitiva dopo vari tentativi espletati per giungere la revisione del processo; sia per la differente legislazione giudiziaria esistente tra i due paesi.

Unico punto in comune - viene detto - può essere l'uso delle manette che in Florida è stato regolarmente applicato in ogni fase processuale quando l'imprenditore trentino è comparso in aula. Nel frattempo chi da anni segue la vicenda di Chico Forti ha lanciato un nuovo slogan: ai tradizionali #chicofortifree e #unachanceperchico si affianca ora #ChicoFortisonoio. 

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