Scuola / Il dibattito

Vacanze senza compiti? La Consulta studentesca: «Sì, ma anche il resto dell'anno»

Il presidente Matteo Bonetti Pancher: «Il discorso è più ampio, andrebbe cambiata la scuola. Anche perché premia chi non si impegna»

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TRENTO. «Siamo favorevoli a non avere compiti per queste giornate di vacanza. Ma non perché siamo svogliati o lavativi, la questione è più ampia». Da qualche giorno si è tornati al discutere del mondo scuola: il "caso" compiti, la disconnessione e il grande tema esami a settembre o debiti formativi. Tra i lettori più attenti delle varie prese di posizione e opinioni ci sono proprio gli studenti. Che ci tengono a chiarire e spiegare la loro posizione, per voce del loro rappresentante Matteo Bonetti Pancher, presidente della Consulta provinciale degli studenti.

La vostra posizione resta no ai compiti, quindi sì all'appello dell'assessora Gerosa?

Confermo, se bisogna riassumere è così. Ma non vorremmo fermarci a un sì o un no. Il ragionamento è più ampio e riguarda il volere passare da una scuola delle prestazioni a una scuola della crescita. Il dibattito si basa su un paradosso, ovvero che uno studente possa dedicarsi ad altre cose - sport, amici, volontariato, ozio - solamente quando è in vacanza. Invece non dovrebbe essere così. I compiti non vanno visti solo come un peso o una punizione e il nostro "no" non è legato al voler lavorare, quindi studiare, meno. Riguarda più in generale la nostra vita e il nostro benessere psicologico. È un concetto di scuola che andrebbe riformato totalmente. Anche i compiti sono legati a un cambiamento di prospettive.

La possibilità per i ragazzi di dedicarsi anche a relazioni e sport andrebbe garantita sempre. Tantissimi studenti abbandonano lo sport agonistico per carichi eccessivi di studio, perché non riescono a conciliare i tempi degli impegni. E di sport, così come dei percorsi di volontariato extra scuola, o delle attività teatrali o musicali spesso non si tiene conto nemmeno nei crediti formativi. Tutte quelle attività vengono percepite come qualcosa di esterno alla scuola, che non riguarda i professori.  Questo perché la scuola attuale punta sulle nozioni.

Altro tema di cui si è dibattuto: il diritto alla disconnessione.

Crediamo che sia tutta una questione di buon senso. E questo diritto giova a tutti, studenti e docenti. La circolare è arrivata, ha aperto la discussione e il confronto, ma noi speriamo sia il punto di partenza per arrivare a una norma, che dica come e quando certi strumenti vanno utilizzati. Non stiamo parlando di autonomia scolastica o di didattica, solamente della necessità di alcune semplici e chiare direttive.

Ci hanno detto che è in corso una sorta di valutazione degli spazi legali di azione: noi auspichiamo che in tempi brevi una normativa venga realizzata. Infine il futuro dei debiti: l'idea della Provincia è di una terza via, che non siano gli esami a settembre ma nemmeno le regole attuali.

Questo sarà l'argomento più complicato e si protrarrà nel tempo, anche se abbiamo percepito la volontà di arrivare a un nuovo sistema già dal prossimo anno scolastico. La nostra posizione è chiara, siamo contrari agli esami a settembre, legati a un'idea di scuola che si basa sulle prestazioni e che non responsabilizza, e concordiamo sul fatto che l'attuale sistema non sia il migliore possibile.

Perché?

È troppo accondiscendente con chi non si impegna troppo nelle studio. Le vostre proposte? Di investire più risorse sui corsi di recupero, che vanno attivati prima e durante l'anno scolastico. Rivolgersi a un prof privato è come una tassa occulta che crea disuguaglianze, perché c'è chi può permettersi le lezioni e chi no. Inoltre riteniamo debba esserci meno discrezionalità del consiglio di classe: servono delle linee guida, soprattutto per i casi limite. Una via innovativa è possibile.

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