Istruzione / Il dibattito

Abolire i crediti scolastici? L'idea di Gerosa fa discutere, fra «percezione» e un piano che non c'è

Niente più «riparazione a settembre»? Il rappresentante dei presidi, Pendenza: «Se andiamo verso la bocciatura facile, è la strada sbagliata»

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TRENTO. Non ha già un progetto definito, un'idea sulla quale iniziare a discutere, ma l'assessora Francesca Gerosa di una cosa è certa: il modello attuale così come è non va. Non soddisferebbe le famiglie e per certi aspetti nemmeno il mondo della scuola. Per questo intende portare avanti un lavoro di condivisione per cercare un nuovo modello.

«Se guardo indietro al sistema del recupero delle materie a settembre, con tutto il carico di lavoro che ricadeva sulle famiglie e anche i costi per le lezioni, ritengo non possa essere preso in considerazione, come oggi non lo sono nemmeno i debiti formativi con i ragazzi che portano avanti debiti per anni con lacune che magari non riescono mai a colmare».

Lo sanno bene le famiglie quanto sia difficile riuscire, durante l'estate, a far studiare i ragazzi e fare in modo che si rimettano al pari degli altri studiando un programma di un intero anno in poche settimane. I corsi di recupero organizzati dalle scuole possono poi far ben poco rispetto alla mole di lavoro che sarebbe necessaria per colmare lacune soprattutto se ad un certo punto dell'anno i ragazzi si sono arresi e hanno abbandonato completamento lo studio della materia. «Quindi ho chiesto sia alla Consulta degli studenti che ai dirigenti di studiare insieme una terza via. Quale sia questa terza via oggi non lo so, non ho risposte. La mia percezione è che il sistema attuale non vada bene e serva cercare una via di mezzo da studiare insieme. L'importante è qualsiasi soluzione si trovi questa non ricada sulle famiglie. Non possiamo pensare che i genitori facciano le ripetizioni ai loro figli perché non tutti ne hanno le competenze, il tempo o le possibilità economiche. Dall'altra non possiamo avere ragazzi che si portano avanti, magari con ansia, dei debiti o ragazzi che di fatto che prendono sotto gamba la necessità di recuperare una lacuna».

Ma la sua «percezione» si scontra con l’analisi degli esperti. «Investire sulla qualità dei docenti, adottare nuovi criteri per il reclutamento ma soprattutto nuovi modelli organizzativi e didattici più inclusivi che vadano oltre i debiti formativi o gli esami a settembre». Per Paolo Pendenza, rappresentante dei dirigenti scolastici, non è aumentando le bocciature che si risolvono i problemi formativi. Anzi.

«La bocciatura esclude, demotiva e non è lo strumento per abbassare la percentuale di Neet, ragazzi che non studiano e non lavorano, che in Italia è tra le più alte d'Europa», sostiene. Nell'incontro con l'assessora si è tornati a parlare di debiti formativi e la stessa Gerosa ha espressamente detto che il sistema attuale la lascia perplessa.

A quali risultati hanno portato in questi anni i debiti formativi e che limiti hanno?

Se noi pensiamo di sostituire le carenze formative con la bocciatura più facile, stiamo andando nella direzione sbagliato perché la necessità della scuola di oggi non è quella di bocciare di più, di selezionare di più, ma piuttosto di individuare una metodologia didattica più efficace per portare più studenti possibili al successo formativo. Se bocciamo non facciamo altro che aumentare l'abbandono scolastico. Il problema non è selezionare di più, ma essere più inclusivi, riuscire a personalizzare l'apprendimento.

Quindi c'è una terza via, oltre al modello nazionale e quello trentino?

È quella di innovare la didattica e l'organizzazione didattica. Nel senso che oggi abbiamo classi e percorsi troppo rigidi, con studenti che devono andare avanti tutti insieme e nello stesso modo. Ma all'interno della stessa classe, lo sappiamo bene, ci sono studenti più veloci in una materia e altri più lenti e ognuno ha i suoi tempi di apprendimenti. Se noi li costringiamo a stare tutti insieme questo diventa un problema. Bisogna prevedere una maggiore flessibilità dal punto di vista di organizzativo.

Il modello che stanno utilizzando agli Artigianelli potrebbe quindi essere esportato?

Può essere un punto di partenza per studiare una nuova organizzazione. Se noi pensiamo ad un nuovo modello, la questione delle carenze diventa secondaria. La soluzione più ragionevole è il modello che già ora viene usato nei corsi serali dove non esiste la bocciatura e dove chi non raggiunge la sufficienza in alcune materie non è che l'anno dopo deve ripartire con tutte come se non avesse frequentato l'anno. La questione è che oggi i ragazzi con debiti formativi si trovano in estate a cercare di recuperare e se non riescono devono farlo nel corso dell'anno scolastico, portando avanti tutte le altre materie. Alla fine, spesso, si trovano ad arrancare senza grandi risultati. È un problema. Sia se parliamo di carenze formative sia se parliamo di esami a settembre gli studenti che ha fatto fatica in una materia durante l'anno nonostante il supporto degli insegnante e della classe si ritrovano durante l'estate da soli a dover recuperare tutto il programma. Ci rendiamo conto che le famiglie vengono lasciate sole, comprendiamo il disagio e anche la demotivazione degli studenti. Comprendiamo anche l'ingiustizia sociale di questo sistema.

Il fatto è che se la famiglia si può permettere un insegnante privato il ragazzo ce la fa, altrimenti viene abbandonato a se stesso. Ma qualcuno sta già ragionando su questo nuovo modello?

A livello istituzionale no. Il nostro auspicio è che la nuova assessora voglia portare avanti uno studio, una sperimentazione in questo senso.

Ci vorrà comunque tempo. Intanto cosa si fa?  Meglio andare avanti con i debiti formativi o meglio gli esami come a livello nazionale?

Personalmente, o si trova un modello migliore o meglio lasciare in Trentino quello che già c'è. Quello nazionale non è un modello migliore perché la bocciatura non migliora l'apprendimento e se il nostro obiettivo è l'apprendimento dobbiamo trovare modalità didattiche e di relazione efficaci e smetterla di pensare che bocciando di più aumentiamo l'esclusione degli studenti dal sistema. E questo non lo dico io, ma studi scientifici.

Nel corso dell'incontro avete posto anche il problema del reclutamento.

Noi dirigenti abbiamo chiesto che fossero le scuole a gestire i reclutamenti con una commissione fatta da docenti esperti che metta in atto delle procedure ma l'assessore su questo ci ha detto di no, non è d'accordo. Con il reclutamento centralizzato, però, spesso non si riescono a verificare quali sono le reali competenze. I concorsi oggi vengono fatti con prove a crocette, brevi elaborati e un colloquio se va bene. Invece reclutare i docenti dovrebbe essere un'operazione più complessa dove si verificano anche le competenze relazionali.

Siamo comunque riusciti a trovare un accordo, che più quello di elaborare insieme delle procedure più efficaci di quelle attualmente utilizzate.

E sul numero di studenti per classe?

Per noi su questo punto non c'è nulla da cambiare. I dati mostrano che in Trentino ci sono già parecchi insegnanti e il rapporto fra studenti e docenti è buono, migliore rispetto a quello nazionale ed europeo. Noi come dirigenti non chiediamo più docenti. Se la Provincia vuole investire, deve investire sulla qualità dei docenti non sulla quantità, dando anche un riconoscimento economico a quelli che si impegnano di più, che lavorano di più, che innovano di più.

Ultima questione. L'assessora ha invocato il «diritto alla disconnessione», ovvero un utilizzo diverso del registro elettronico. Quale è la vostra posizione su questo?

Il problema è l'utilizzo di questo strumento. É evidente che se un docente mette all'ultimo momento un compito oppure inserisce i risultati di una prova domenica mattina informando del voto senza che lo studente abbia visto la prova è chiaro che è un utilizzo scorretto. Sono favorevole ad un regolamento che venga elaborato dalle scuole, ma serve anche che ogni docente sviluppi la giusta sensibilità nell'utilizzare questo strumento in modo corretto. Devo dire però che nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono problemi e comunque non è certo questo il principale nodo della scuola trentina.

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