Salute / Problemi

Sanità trentina, l’allarme: “Cure territoriali, fuga di infermieri”

Paolo Panebianco (Fenalt): «Carichi di lavoro eccessivi e compiti che non sarebbero loro, come ad esempio quello di dover occuparsi della manutenzione dei mezzi»

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Arriva dagli infermieri del territorio l'allarme. Quel territorio che da tempo si dice sarà valorizzato perché è anche dal potenziamento delle cure domiciliari che dipende la tenuta del sistema considerato l'invecchiamento della popolazione e la carenza di professionisti. Ma le tante promesse che nel corso di una riunione effettuata a fine giugno erano state fatte dai vertici dell'Azienda sanitaria ai sindacati che avevano sollevato il problema sembrano essere cadute nel vuoto.

I circa 200 infermieri che lavorano sul territorio lamentavano buchi nell'organico, difficoltà ad entrare nelle zone a traffico limitato dei centri più grandi, l'obbligo di provvedere di persona alla manutenzione dell'auto di servizio e soprattutto tempi sempre più ristretti per le visite ai pazienti che aumentano di numero e di complessità.

«A queste condizioni molti professionisti non ci stanno più a lavorare e si licenziano - spiega Paolo Panebianco della Fenalt - Abbiamo chiesto più macchine aziendali per gli spostamenti perchè molti debbono utilizzare la propria e anche che qualcuno si occupi della manutenzione. Non è possibile che ci debba pensare il personale sanitario che ha già tanto da fare».

C'è poi la questione dei permessi delle zone Ztl. «Ci sono sindaci di alcuni Comuni che non danno il permesso per entrare. La cosa assurda è che i corrieri possono consegnare i pacchi ovunque, mentre gli infermieri non possono parcheggiare vicino ai pazienti e questo comporta un'enorme perdita di tempo e fatica per portare il materiale. I direttori di distretto, durante l'ultimo incontro, sembravano sorpresi da questa problematica e avevano assicurato che si sarebbero subito occupati del problema e ci avrebbero fatto sapere. Non abbiamo sentito più nessuno. É quindi ovvio che la gente se ne vada, c'è demotivazione».

Sono tante le zone in difficoltà. «In Fiemme e Fassa quattro persone si sono dimesse per andare a lavorare a Bolzano e altre ci stanno pensando. In Vallagarina sono sotto organico di nove unità e questo senza che nessuno faccia niente. Ci avevano promesso che sarebbero arrivati rinforzi ma la situazione non è cambiata. Qualcuno è arrivato ma molti di più se ne sono andati e le persone sono sfinite. Vanno in Alto Adige, vanno nelle cliniche private, i giovani vanno all'estero. Chiederemo nuovamente un incontro ma sembra che non si rendano conto della situazione. Gli infermieri sul territorio fanno quello che possono ma il numero dei pazienti da seguire aumenta e si sentono soli e privi di mezzi».

«I problemi variano da zona a zona e da settore a settore - spiega un'infermiera che da anni lavora sul territorio - In uno stresso distretto, ad esempio, chi lavora fuori dal centro più grosso ha il problema di dover percorrere parecchi chilometri mentre chi lavora in città ha quello dei parcheggi. In ogni caso la questione numero uno è legata alla carenza di personale e ai carichi di lavoro». 

Secondo l'Oms il nuovo infermiere è colui che aiuta gli individui ad adattarsi a malattia e disabilità cronica, trascorrendo buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio della persona assistita e della sua famiglia. Tutto bello sulla carta, ma inattuabile con i numeri di oggi, con i carichi di lavoro e con le prospettive future. Se è vero che con la missione 6 del Pnrr si vuole creare una rete di assistenza domiciliare che, in collaborazione con l'ospedale, «mantenga e migliori nel tempo l'equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute» è altrettanto vero che per attuare il piano ci vuole personale.

Ci vogliono infermieri e professionisti. Ci vuole attenzione al loro lavoro. Ci vogliono investimenti sul personale. A livello nazionale su questi temi la Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) e la Federazione degli Ordini delle Professioni infermieristiche (FNOPI) hanno avviato, per la prima volta tavoli di lavoro congiunto per elaborare proposte.

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