La lettera / Il caso

La tristezza della moglie di Luca Baldessari: «Morire con dignità, diritto di tutti»

I due si erano sposati, nonostante la malattia, nel febbraio di quest'anno, giorno di San Valentino, per coronare il loro sogno d'amore. In una lettera tutto il suo dolore

TRENTO. «La mia è una lettera di sfogo, piena di tristezza e amarezza per la mancanza di sensibilità, la mancanza di tatto, la mancanza di umanità. Tutti hanno diritto all'assistenza sanitaria anche se non c'è più nulla da fare». A scriverla è Michela Farina, moglie di Luca Baldessari, deceduto per un tumore nelle scorse settimane.

I due si erano sposati, nonostante la malattia, nel febbraio di quest'anno, giorno di San Valentino, per coronare il loro sogno d'amore. Una lettera di dolore, quella di questa donna, e di risentimento soprattutto nei confronti del reparto di oncologia di Trento dove non hanno trovato le risposte che si aspettavano.

«Mio marito lottava, da agosto 2022, contro un glioblastoma, curato nel migliore dei modi in terapia intensiva, agosto 2022, nel reparto di neurochirurgia dell'ospedale Santa Chiara di Trento: per questo ringrazio ogni singola persona e medico del reparto. Trasferito a Villa Rosa di Pergine Valsugana per la riabilitazione, la cosa migliore che si è sentito dire è stata "Lei per noi è un costo"».

Probabile che le parole siano state dette con leggerezza, o magari volevano esprimere un altro concetto, ma di certo hanno colpito profondamente queste persone che si trovano in una situazione di fragilità. «Luca viene portato alla struttura hospice Cima Verde a Villazzano di Trento dove sta dal 15 novembre al 14 febbraio. Il giorno della dimissione dalla struttura hospice Cima Verde, riusciamo a coronare il nostro sogno d'amore, ci sposiamo e dobbiamo andare a vivere a casa di mia madre, perché la casa di mio marito è inagibile per la sua situazione sanitaria. Non siamo aiutati da nessuno».Già da queste parole si intuisce che questa coppia avrebbe avuto bisogno di un sostegno.

«Sabato 18 febbraio in serata Luca, in alterato stato di comportamento dopo la mia chiamata al 112 e 6 ore di attesa, in stato confusionale e difficilmente gestibile, viene ricoverato in oncologia all'ospedale Santa Chiara di Trento. La Tac dimostra che la massa tumorale è purtroppo avanzata. I cambiamenti dopo mesi di degenza sono stati troppi e ignari dell'effettivo stato di salute di mio marito, abbiamo agito nella maniera che ci sembrava più ragionevole. Il totale abbandono da parte dell'Azienda sanitaria è sconcertante».La donna racconta che nei giorni che seguono al ricovero il marito è disorientato, la chiama dicendo cose senza senso e senza ricordo, ha attacchi epilettici con cadute dal letto.

«In reparto ci dicono che Luca non può più stare li ricoverato: la soluzione migliore, secondo loro è trovarci un appartamento in affitto e una badante per "controllare" mio marito durante la mia assenza lavorativa, perché purtroppo non c'è posto da nessuna parte. Vengo accusata di ritenere "un peso" mio marito malato terminale». A quel punto la donna ammette di avere scritto all'assessora Segnana grazie al cui intervento viene trovato un posto all'hospice Cima Verde dove il marito muore dopo quattro giorni.

«Ho raccontato questa cosa perché spero che nessuna persona ammalata, i suoi famigliari, i suoi amici soffrano per la mancanza di umanità. Ognuno ha diritto di morire dignitosamente».

Va detto, per onor di cronaca, che nella sostanza non ci sono state mancanze nei confronti di questo malato. La sanità trentina lo ha curato per quanto possibile. I professionisti non hanno trascurato il caso. Ma quando ci si trova davanti ad una situazione di fragilità così elevata probabilmente la presa in carica non deve e non può riguardare solo le cure mediche e le parole vanno pesate così come sostegni non devono essere promessi, ma assicurati prima delle dimissioni.

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