Inquinamento / L'analisi

Ecco la nuova mappa delle contaminazioni da Pfas nelle acque in Trentino Alto Adige

Nei dati europei diffusi dal quotidiano francese Le Monde figurano numerosi siti in regione dei quali finora si ignorava la presenza: inquinanti rilevati fra l'altro a Trento, Villa Lagarina, Arco, Pergine e altre zone

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TRENTO. Una mappa dettagliata sulla presenza in Europa, Trentino Alto Adige compreso, di contaminazioni di inquinanti della pericolosa famiglia Pfas.

Per la prima volta sono indicati luoghi in cui sono stati rilevate queste sostanze dei quali finora non si aveva conoscenza. La stessa Agenzia provinciale protezione ambientale (Appa) risulta essere a conoscenza ufficialmente solo di due casi: quello della valle del Chiese e uno analogo nell’area ex Gallox di Rovereto.

Ma la nuova mappa, elaborata dal noto quotidiano francese Le Monde, si basa sui dati nazionali dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e indica vari altri luoghi anche in Trentino in cui è stata rilevata la presenza di questi inquinanti (i punti rossi segnalano luoghi di contaminazione accertati.

Vi figurano, fra gli altri, anche Trento, Villa Lagarina, Arco, Pergine, Mezzolombardo, ma anche Bolzano e altre località altoatesine.

I Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nell'industria soprattutto come impermeabilizzanti. Se rilasciati nell'acqua, nell'aria, nel terreno possono causare tumori, infertilità femminile, problemi alla tiroide e al sistema nervoso centrale, uno sviluppo anomalo dell'apparato genitale dei bambini (dei maschietti, si parla di "scroto disabitato").

A diffondere la notizia di questi nuovi dati disponibili è stato il giornalista e documentarista Andrea Tomasi, autore di libri e docufilm dedicati a salute e ambiente.

Gli articoli dedicati alla nuova mappa e alle reazioni delle istituzioni locali sono usciti questa settimana sul quotidiano il Nuovo Trentino.

Sulla contaminazione da Pfas lo stesso Tomasi ha realizzato anche la videoinchiesta "Pfas, quando le mamme si incazzano", da cui poi è nato il docuromanzo "Le insospettabili che rapirono Salvini" (Terra Nuova Edizioni), una storia tragicomica ispirata alla lotta per la verità del gruppo delle Mamme No Pfas.

"Le Monde ha realizzato un'ampia inchiesta sulla presenza di Pfas nell'ambiente, con tanto di mappa con le zone attenzionate. E sulla mappa ci sono molti puntini rossi all'interno dei confini del Trentino e dell'Alto Adige", spiega Tomasi, che anche autore, fra l'altro, dei docufilm Veleni in paradiso (2014), Un filo appeso al cielo (2016) e Pesticidi, siamo alla frutta (2018) e del volume "La farfalla avvelenata" dedicato alle vicende del'inquinamento industriale e delle discariche abusive in provincia.

Tomasi spiega che quando si parla di Pfas si parla di "inquinanti perfetti: inodori, incolori, insapori, indistruttibili".

Il caso più grave di contaminazione da Pfas si ha in Veneto (province di Vicenza, Padova e Verona) dove è stata compromessa una falda acquifera grande come il Lago di Garda e dove alcune tipologie di queste molecole sono finite nell'acquedotto (per anni i veneti hanno bevuto e hanno cucinato con quell'acqua).

Nell'articolo si menziona anche "una contaminazione storica a Condino, in Valle del Chiese: l'acqua è finita in falda. Situazione sotto controllo, assicurano in Provincia che sa del problema dal 2018 quando arrivò un richiesta di monitoraggio da Roma".

Adesso l’inchiesta di Le Monde di mostra che in realtà le “zone Pfas”anche da noi sono molte.

"In buona parte dei casi - prosegue Tomasi - i livelli sono sotto la soglia sicurezza, ma - come sanno bene in Veneto - si dati di dati presuntivi perché poco si degli effetti di queste sostanze.

A Darzo (foce del Lora) si hanno 10 nanogrammi/litro di Pfas e Pfos (della famiglia dei Pfas) nelle acque di superficie. A Storo (Località Piana De Rode - Pozzo Gaggio) siamo a quota 13 ng/litro. Su un sito industriale di Arco si schizza a quota 451.6 ng/litro di Pfas e a 85.6 di Pfos + Pfoa (acque superficiali). Il limite europeo per i Pfos - notiamo - è di 30 ng per le acque potabili ma scende a 0,65 ng quale soglia di qualità per il resto dell’acqua.

A Villa Lagarina (Molini Foce) il livello di Pfas in acqua superficiale è di 81.9 ng, di Pfos è di 53.5 ng. A Pergine Valsugana la presenza accertata è di 12 ng/l di Pfas e pure di Pfos.

A Trento città queste sostanze sono state individuate alla foce del Rio Lavisotto (12 ng/l sia per Pfas che per Pfos). Un presunto inquinamento (questa la formula usata dai giornalisti scientifici francesi) si ha all’altezza del depuratore sud e dell’aeroporto di Mattarello (il fatto che ci siano tracce di queste sostanze dove decollano e atterrano aerei ed elicotteri non stupisce perché, come detto, de ne fa ampio uso nelle schiume anti incendio)".

La cartina dei veleni mostra 17.000 siti europei di contaminazione certa e 21.000 siti di contaminazione potenziale, per un totale di 20 società produttrici.

"I Pfas - ricorda Tomasi - vengono utilizzati per la realizzazione di pentole antiaderenti, per i tessuti dell'abbigliamento sportivo, per pellicole, detergenti e schiume per esitintori, nell'industria galvanica e conciaria. Sono estremamente volatili per cui possono trovarsi in zone dove magari non si usano a livello industriale, ma dove sono stati usate schiume antincendio (capita spesso di trovarli in zone militari e negli aeroporti).

Prima di spiegare dove sono stati individuati, all'interno dei confini del Trentino Alto Adige è bene precisare che le concentrazioni rilevate nel Triangolo della Bermuda del Veneto (Vicenza, Padova, Verona, dove pur sono stati adottati dei filtri) - da cui proviene una fetta importante delle carni, dei latticini e degli ortaggi che arrivano sulle nostre tavole - sono molto maggiori rispetto a quelle rilevate nella nostra regione, per il semplice fatto che a Trissino (Vicenza) c'era una società che i Pfas li produceva (la Miteni, oggi fallita) mentre da noi sono stati "semplicemente" usati. Detto ciò e premesso che ci sono ancora studi sulla capacità di penetrazione di questi interferenti endocrini, la ricerca di Le Monde è un campanello d'allarme per una politica ambientale, nazionale e provinciale, ferma al palo. Si tratta di contaminanti destinati a restare fra gli esseri viventi per centinaia e forse migliaia di anni", conclude l'articolo.

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