Giustizia / Il caso

Minacce attraverso i social alla rivale: la moglie tradita diventa stalker

I fatti in Trentino: la donna raggiunta da un ammonimento orale per atti persecutori dopo la denuncia da parte dell'amante del marito. Ha detto di aver reagito così per il disagio derivante dal disinteresse dell'ex per i figli

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TRENTO. Moglie e mamma di due bambini, equilibrista nel gestire lavoro e famiglia, si è ritrovata davanti ad un fatto ormai compiuto: nella vita del marito era entrata "l'altra", l'amante. La reazione, come è facile immaginare, è stata dura e, sulla spinta della rabbia e forse anche della frustrazione, fin esagerata: numerose sono state le telefonate ed i messaggi - con parole che non erano propriamente complimenti - dirette non tanto al marito quanto alla rivale.

Quest'ultima, infastidita dalle frasi poco gentili e dall'atteggiamento aggressivo, si è rivolta alle forze dell'ordine e ha ottenuto l'ammonimento della moglie, o meglio della ex moglie del suo attuale compagno, tradita e diventata stalker.

La battaglia fra le due, residenti nella stessa zona del Trentino e della medesima età (hanno fra i 30 ed i 40 anni), è passata dunque da un piano sentimentale ad un terreno amministrativo, con il coinvolgimento della questura di Trento, che dapprima aveva valutato di non procedere con l'ammonimento per atti persecutori.

La ex moglie nella memoria difensiva aveva giustificato il proprio comportamento appellandosi ad un "disagio derivante dal completo disinteresse" del marito verso i figli e dalla "necessità di rintracciarlo per le necessarie comunicazioni" riguardo ai bambini. La rivale si era però opposta all'archiviazione del caso, insistendo sulla natura persecutoria degli atteggiamenti della donna, dicendosi spaventata per la situazione che stava vivendo e temendo nuove minacce.

È stata sentita in questura, assieme alla sorella (che pure era stata raggiunta da parole poco cortesi), e all'ex marito della presunta stalker. Tali testimonianze evidentemente hanno convinto il questore che ha emesso l'atto di ammonimento nei confronti della moglie tradita, «perché emerge la fondatezza del reiterato comportamento persecutorio» attraverso messaggi via e-mail e WhatsApp, telefonate fatte alla rivale e all'ex marito, pure alla sede dell'azienda di famiglia.

L'avvocato della donna ha presentato ricorso, prima al Commissariato del Governo che l'ha respinto, poi al Tar, con il medesimo risultato.

«L'ammonimento - è la tesi del legale - è un atto incongruo, sproporzionato ed irragionevole in un caso come questo, in cui c'è una moglie e mamma che ha visto entrare nella propria vita e in quella dei figli un'altra persona, e come si può capire ha vissuto momenti di grande disagio». Ma una situazione sicuramente difficile l'ha passata anche l'amante, diventata bersaglio di insulti via social e via messaggi. Il Tar nella sentenza ha voluto far chiarezza su un punto in particolare: l'ammonimento ha una funzione preventiva, con il fine di impedire che gli atti persecutori siano ripetuti e possano causare danni irreparabili.

Si tratta di un procedimento amministrativo, che si muove su un piano diverso da quello penale, e dunque «ai fini dell'ammonimento non occorre che sia raggiunta la prova della commissione del reato, bensì è sufficiente il riferimento ad elementi dai quali sia oggettivamente possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante stato di ansia e di paura». L'ammonimento orale, dunque, è una misura che punta alla prevenzione ed alla dissuasione di azioni che potrebbero sfociare in una denuncia per stalking.

Pur riconoscendo che il comportamento della ex moglie è «circostanziato in un numero limitato di episodi circoscritti nel tempo», i magistrati amministrativi hanno rilevato come tali condotte abbiano causato nella vittima un perdurante stato di ansia e di paura: non ci sarebbe stato un "eccesso di potere" nel disporre l'ammonimento orale, bensì si è trattato di «una valutazione di merito, rimessa all'esperienza e alla sensibilità dell'Autorità di pubblica sicurezza». Ma. Vi.

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