L’emergenza / In Trentino

Allarme stalking e violenza in Trentino: 26 “ammonimenti” in 3 mesi

C’è una media di nove denunce ogni 30 giorni per le quali è necessario il provvedimento del questore, che evidenzia: «La nostra attenzione è anche per i comportamenti spia»

di Marica Viganò

TRENTO. In tre mesi sono 26 i provvedimenti di ammonimento del questore a tutela delle vittime di atti persecutori e maltrattamenti. I provvedimenti hanno riguardato situazioni di violenza domestica, fisica, verbale o psicologica in 16 casi e di stalking in altri 10 casi trattati dalla Divisione anticrimine della questura.

Il femminicidio accaduto a Bologna, vittima una donna uccisa a colpi di martello dal suo ex, spinge ad una riflessione profonda su ciò che sta accadendo, sul contrasto alla violenza di genere, sulle misure di prevenzione.

«Massima attenzione ai disagi familiari -evidenzia il questore di Trento Maurizio Improta - Siamo pronti a fare il nostro dovere quando la tranquillità domestica viene meno. Senza perdere di vista comportamenti spia che devono essere immediatamente colti per non raggiungere punti di non ritorno».

Allarga la riflessione l’avvocata Elena Biaggioni: «L’ammonimento non dovrebbe essere visto solo come il primo passo. Di fronte a situazioni di pericolo non ci sono gradualità o tentativi: servono misure cautelari. Penso ovviamente all’applicazione del braccialetto elettronico con il divieto di avvicinamento».

L’ammonimento, come spiega la polizia, consiste nell’avvertimento, rivolto dal questore alla persona, di astenersi dal commettere ulteriori atti di molestia o violenza. L’obiettivo è di garantire alla vittima una tutela rapida ed anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale.

Nel caso di Bologna la vittima aveva denunciato l’ex lo scorso 29 luglio. Le indagini erano subito partite, come prevede la procedura del “codice rosso”. Ma, come ha spiegato il procuratore di Bologna Giuseppe Amato (fino al 2016 procuratore a Trento), «non potevano concludersi prima del 29 agosto perché alcune persone da sentire erano in ferie».

Dalla denuncia non sarebbero emerse situazioni di «rischio concreto di violenza» e non era ancora stato preso alcun provvedimento nei confronti dell’uomo accusato di atti persecutori.

«C’è però da chiedersi se, in questo caso, l’ammonimento sarebbe servito ad evitare il femminicidio. Non sempre questa misura è sufficiente» sottolinea l’avvocata Biaggioni, esperta in materia di contrasto alla violenza di genere e vice presidente del Centro antiviolenza di Trento.

«I numeri di Trento indicano che gli ammonimenti sono stati in media 9 al mese. Questo significa che il fenomeno c’è e che è vivo e vegeto, ma non abbiamo indicazioni se la misura sia stata applicata considerando bene la situazione.

L’ammonimento è l’intervento più lieve e, per quanto riguarda lo stalking, funziona solo in pochissimi casi residuali, in cui il rischio è basso – prosegue l’avvocata – La valutazione del rischio presuppone una grande preparazione e a Trento viene effettuata in modo eccelso dal Centro antiviolenza e della Casa rifugio, sulla base dell’analisi di una serie di elementi che riguardano la vittima e le risorse a cui può attingere la donna, ma anche l’aggressore e la sua condotta.

Ma tutti i soggetti coinvolti, come la procura e le forze dell’ordine, devono partecipare alla valutazione, raccogliere informazioni. Deve esserci tempestività nella raccolta degli elementi».

L’avvocata Biaggioni propone un altro punto di vista per meglio comprendere il fenomeno e per cercare di frenare l’escalation di violenza.

«Farei un paragone con la modalità con cui si è infiltrata in alcuni territori la criminalità economica. I crimini dei colletti bianchi: persone della buona società, inserite, senza precedenti penali, che non commettono altri reati, ma che delinquono in modo specifico. Anche coloro che perseguitano la ex o fanno violenza fisica o psicologica possono essere bravi ragazzi, irreprensibili su tutto.

Attenzione, perché il problema di questi bravi ragazzi è uno solo: la relazione con le donne. Bisogna aggiornare anche il nostro immaginario, iniziare a pensare che la persona incensurata, che ha famiglia, che è tranquilla e ha un lavoro non è detto che non possa essere aggressiva con la propria compagna.

Non c’è solo la violenza fisica. Anche i gesti di mandare fiori, di scrivere messaggi e biglietti in cui si fa riferimento a luoghi e spostamenti della vittima possono nascondere un pericolo: la volontà di seguire, controllare, accerchiare. Mai sottovalutare la violenza. E attenzione alle escalation».

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