Gioco / Il caso

Norme "anti slot": a Trento le imprese del settore sono scese da 112 a 14 in due anni

Continua il confronto sulle norme che vietano le macchinette a meno di 300 metri da luoghi "sensibili". Ora, dopo una prima decisione provvisoria favorevole ai ricorsi dei gestori, si attende l'udienza del Consiglio di Stato del 12 gennaio. L'avvocato Michele Busetti: «I gestori delle sale sono contro la ludopatia»

PROVINCIA Slot machine, il Consiglio di Stato blocca la legge trentina
LA NORMA Le slot devono essere lontane da "zone sensibili"
GIUSTIZIA Primo no del Tar ai ricorsi contro la legge provinciale

TRENTO. Il decreto del Consiglio di Stato che ha sospeso l'ordine di rimozione delle slot machine firmato dal Comune di Trento (in applicazione dell'apposita norma provinciale) e diretto ad una sala giochi di viale Verona ha riaperto il dibattito sul gioco d'azzardo.

Dal punto di vista pratico è arrivata venerdì sera la pec dell'ufficio attività produttive (quello di Trento) che ha sospeso le funzioni di controllo e vigilanza, di fatto permettendo a tutte le sale slot che si trovano a meno di 300 metri da uno dei luoghi sensibili individuati dalla legge, di riaccendere gli apparecchi. Ma si tratta di una decisione provvisoria in attesa dell'udienza del Consiglio di Stato del 12 gennaio.

Nelle more nel dibattito interviene anche Michele Busetti, avvocato che da tempo si occupa della questione visto che rappresenta uno dei principali gestori in provincia. E che vuole chiarire soprattutto un punto. «È sbagliato pensare che chi ha attività legata al gioco legale sia in qualche modo a favore della ludopatia. Si tratta di imprenditori che vogliono continuare a fare il loro lavoro (lecito) e molto controllato e da tempo chiedono di poter essere protagonisti nelle iniziative per contrastare il "gioco malato". Per trovare un modo di normare il settore che raggiunga il fine di contrastare la ludopatia e che non riduca chi ha sale da gioco a morire di fame».

Chiedono, in fondo, di essere coinvolti, di essere attori assieme agli altri per cercare una soluzione condivisa. «Perché quello che è mancato in questi anni - spiega Busetti - è proprio il confronto da parte dell'ente pubblico con la figure che lavorano con il gioco lecito. Gestori e concessionaria sono pronti a fare la loro parte, anche a finanziare corsi di formazione al fianco dell'Azienda sanitaria. Tutto per creare un ambiente sano all'interno del quale continuare a lavorare».

E poi risponde al sindaco Ianeselli che all'Adige aveva detto che «Questa sentenza non fa scomparire la ludopatia come problema so che in alcuni casi si dice che in mancanza di possibilità di gioco in presenza chi è malato si rivolge al gioco on line, ma io credo che le fasce fragili vadano protette. Abbiamo cercato di fare da tempo un grande lavoro culturale e sociale di prevenzione e in questo quadro, aver individuato zone sensibili nella città poteva essere un modo per iniziare a porre un freno. So che ci sono lobby molto attive, che sponsorizzano il gioco, ma il punto è che la sentenza certo non risolve il problema».

La risposta? «Che il gioco si sposti sull'online è certificato da quello che è successo durante il lockdown. Le sale gioco sono rimaste chiuse a lungo con l'agenzia delle Dogane che a marzo 2020 ha scollegato da remoto gli apparecchi. Quindi non era possibile giocare neppure clandestinamente. E cosa è successo? I siti di gioco online si sono moltiplicati come sono aumentate le vendite di Gratta e vinci e schedine del Superenalotto in vendita nelle edicole che erano rimaste aperte. Quindi questa è una certezza. Dall'altra, nelle sale da gioco, ci sono professionisti che sono formati che rispondono a determinate regole e che non hanno interesse nel giocatore ludopatico. Imprenditori che sono pronti, come già detto e ripetuto, a fare la loro parte. Vorrei che le misure prese per contrastare il gioco d'azzardo valessero anche per sanare la piaga dell'alcolismo e del tabagismo. Di affetti da ludopatia il Serd ne ha in cura circa 120, per la dipendenza da alcol siamo ad oltre 3mila».

Infine un po' di numeri per capire il fenomeno. Nel Comune di Trento le imprese iscritte all'albo e quindi che potevano occuparsi del gioco legale, erano 112, dato di agosto 2020. Dopo due anni, con l'entrata in vigore della norma provinciale che vieta slot a 300 metri dai luoghi sensibili («300 metri individuati con il metodo del compasso criticato nel decreto del Consiglio di Stato» ricorda Busetti), sono scese a 14.

E sarà destinato a scendere anche il ritorno fiscale per la Provincia: nel 2018 era stato di 45 milioni di euro. Un dato non trascurabile visto che il "ritorno economico" per le casse pubbliche del gioco d'azzardo legale è uno di quelli che il Tar di Trento ha chiesto (alla Provincia) di avere prima di entrare sul merito dei ricorsi presentati dai gestori di sale gioco. Ma. D.

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