Montagna / Il caso

Un quarto degli incidenti con gli sci in Italia si verifica in Trentino. I maestri: “In tanti non indossano il casco”

Tre vittime in quattro giorni nei comprensori sciistici della regione, senza contare le decine e decine di incidenti non mortali, ma dalle comunque dalle conseguenze più o meno gravi, che si verificano ogni fine settimana hanno fatto ripartire il dibattito sulla sicurezza in pista

di Leonardo Pontalti

TRENTO. Nicolò Mainoni mercoledì scorso a Folgarida, Jan Ctvrtecka sabato a Pinzolo, Max Kress a Solda, in Alto Adige. Tre vittime in quattro giorni nei comprensori sciistici della regione, senza contare le decine e decine di incidenti non mortali, ma dalle comunque dalle conseguenze più o meno gravi, che si verificano ogni fine settimana.

È la stretta attualità a riproporre un problema non nuovo, quello della sicurezza sulle piste. Un problema che riguarda il Trentino in maniera stringente dato che le statistiche degli ultimi anni - al di là delle variazioni di presenze e passaggi sugli impianti legate al Covid - dicono chiaramente che in provincia si verifica un quarto degli incidenti con gli sci in Italia: 40.000 la stima nazionale, 10mila quelli che - nell'inverno 2019/2020 - erano stati registrati in provincia, secondo un trend in costante crescita (9.108 nell'inverno 2017/18, 8.626 nella stagione 2016/2017 e 8.249 in quella a cavallo tra 2015 e 2016).

Al di là dei drammi legati agli episodi più gravi, che culminano nella morte degli sciatori coinvolti, si tratta di un aspetto decisamente problematico molto banalmente dal punto di vista della gestione sanitaria, aspetto forse poco vistoso ma non ora, dopo che la pandemia ha reso chiaro a tutti l'importanza - e i costi, dal punto di vista economico, ma soprattutto di impiego di risorse umane - di ogni singolo posto letto negli ospedali.

Le statistiche elaborate negli anni - sulla base di numeri che si mantengono più o meno costanti, ma con tendenza al graduale aumento, dicono che il 5% di coloro che incappano in incidenti sugli sci abbisognano poi non solo del semplice ricovero in ospedale, ma di permanenze prolungate nelle strutture sanitarie: dati alla mano, si tratta dunque di almeno 500 lungodegenze nelle strutture sanitarie trentine, ogni inverno.

L'introduzione dell'obbligo di assicurazione e di altre regole più stringenti dal gennaio scorso - a partire dall'introduzione dell'alcoltest - è stata prevista anche da questi numeri. Le regole però non bastano, se non vanno a braccetto con il comportamento individuale. Anche in questo caso sono le statistiche a parlare chiaro: il 77% degli incidenti riguarda unicamente il coinvolto stesso. Solo nel 12% si verificano a seguito di scontri e solo nel 3% sono addebitabili a malori. Insomma, difetto di prudenza o errate valutazioni delle proprie capacità (che è poi essa stessa una forma di scarsa prudenza) o delle condizioni e caratteristiche delle piste, sono alla base della gran parte degli incidenti.

«Serve sempre cautela e non sempre tutti la adottano. Il caso del casco lo dimostra: la gran parte degli sciatori lo indossa, ma sono ancora molti quelli che scelgono di non portarlo», spiega il presidente dell'Amst, l'associazione maestri di sci del Trentino, Andrea Sini al termine di una settimana funesta sulle piste trentine.

Dunque, la fatalità è una variabile che, in pista come in ogni cosa della vita, non può essere eliminata, «ma nella maggior parte dei casi gli incidenti sciistici hanno a che fare con altre variabili, gestibili. In primis, la conoscenza dei propri limiti e la prudenza», conferma Sini.

«Eppure sciare è sicuro. Non lo dico per interesse, dato che si parla di quello che è anche il lavoro mio e dei miei colleghi, ma perché si tratta di un dato oggettivo. Materiali, attrezzature, conformazione dei tracciati, non solo nella dotazione di protezioni ma nella loro preparazione stessa, con l'eliminazione di ostacoli, ad esempio. Purtroppo l'imponderabile, l'imprevisto, non si può mai escludere. Ma credo sia giusto essere onesti. Anche l'imprevisto deve essere messo in conto da chi scia. Non farlo è già segno di imprudenza. Sciare è libertà, affrontare una discesa dà un piacere unico e regala tanta adrenalina. Ma lo sciatore consapevole, anche il più preparato, sa che deve sempre fermarsi un attimo sotto il proprio limite, sa che la buca, il dossetto, l'avvallamento che nota all'ultimo momento può incontrarlo, lo sciatore che gli si para davanti può esserci. E così via».

comments powered by Disqus