Trento / Il caso

Sara Pedri, il lago di Santa Giustina viene perlustrato tutte le settimane: anche ora se il ghiaccio lo consente

Continuano le ricerche della ginecologa scomparsa il 4 marzo dello scorso anno, mentre parallelamente avanza l'indagine giudiziaria dopo le denunce sulle condizioni di lavoro all'ospedale Santa Chiara

LA PERIZIA «Sono un morto che cammina», depositato lo studio di parte
AZIENDA SANITARIA  Il primario Tateo licenziato

LA VIDEOSCHEDA Dal caso di Sara al terremoto in Apss
IL CASO La scomparsa della ginecologa Sara Pedri e la bufera sul reparto
LA SORELLA «È in fondo al lago di Santa Giustina, aiutateci a trovarla»

TRENTO. La macchina parcheggiata a Mostizzolo, vicino al ponte, il cellulare lasciato sul sedile della Volkswagen T-Roc e poi il silenzio. Sara Pedri, ginecologa 31enne di Forlì, ha fatto perdere le proprie tracce dieci mesi fa.

Il suo telefonino smise di funzionare alle 7 del mattino del 4 marzo 2021; quella stessa mattina alle 6.16 la dottoressa aveva cercato in internet "ponte di Mostizzolo".

Non aveva fatto mistero alle persone a lei più vicine della situazione di disagio e di prostrazione che stava vivendo a causa della situazione lavorativa, presso il reparto di ginecologia del Santa Chiara.

Dal lago di Santa Giustina ad oggi non è riemerso nulla che possa essere collegato alla scomparsa della ginecologa di Forlì.

Né brandelli di stoffa dei suoi vestiti, né una scarpa o un accessorio sono stati restituiti dalle acque.

Eppure le ricerche non si sono mai fermate.

Se all'indomani della scomparsa il lago venne setacciato grazie all'intervento di sub, di robot, di cani specializzati in ricerche in acqua, con attività pressoché quotidiane, con l'arrivo della stagione fredda i controlli sono proseguiti adeguando, per motivi di sicurezza, le operazioni alle condizioni del lago.

«Le perlustrazioni vengono effettuate una volta a settimana su tutto il perimetro, anche in inverno se il ghiaccio lo consente - spiega Oscar Betta, ispettore distrettuale di Cles della Federazione vigili del fuoco volontari del Trentino - A turno scendono in acqua i corpi dei vigili del fuoco dotati di gommone, ossia Cles, Tassullo, Taio, Banco, Revò e quando le condizioni sono buone Romallo con la moto d'acqua».

È il Commissariato del Governo, autorità competente per le persone scomparse, a coordinare le operazioni di ricerca, d'intesa con i carabinieri della compagnia di Cles, comandanti dal capitano Guido Quatrale, e con i vigili del fuoco. La scorsa primavera i cani molecolari, caricati su un gommone che perlustrava il lago, hanno abbaiato indicando una direzione precisa. Subito si erano immersi i sub: nessuna traccia è stata trovata, a causa anche della scarsa visibilità delle acque.

«Il lago è molto particolare: il fondo è sabbioso perché il Noce ha un forte movimento - spiega l'ispettore dei vigili del fuoco volontari Betta - Le ricerche con i sub in questo periodo non porterebbero a nulla perché non c'è visuale. È necessario aspettare che cali il livello dell'acqua: con l'abbassarsi del lago, in primavera, qualcosa potrebbe riaffiorare sulle rive».

E poi, come è noto nella zona, in quelle acque si nasconderebbe un altro corpo oltre a quello della giovane ginecologa, e forse più d'uno.

Che Sara Pedri si sia gettata nel lago, è bene ricordarlo, rimane un'ipotesi, sebbene quella più accreditata: non ci sono testimoni che l'abbiano vista parcheggiare l'auto e allontanarsi quella fredda mattina del 4 marzo 2021, ma una serie di indizi lasciano presagire l'intenzione della dottoressa di farla finita.

La pista del suicidio è quella che stanno seguendo gli investigatori, che pur non tralasciano accertamenti su altri fronti.

Anche i familiari di Sara avvertono in cuor loro che è nel lago di Santa Giustina che si deve cercare la giovane dottoressa, arrivata in Trentino dopo la specializzazione con entusiasmo, voglia di fare e di imparare, e ritrovatasi in poche settimane ad essere "un morto che cammina", come scrisse in un messaggio.

Ad avvalorare l'ipotesi del suicidio c'è anche la perizia della psicologa Gabriella Marano, depositata presso la Procura di Trento a fine dicembre dall'avvocato della famiglia Pedri.

«Sara Pedri si è ritrovata come un agnello in mezzo ai lupi, ed ha finito per essere sbranata dalla violenza di chi si è avventato contro di lei», è un passaggio della consulenza redatta dopo un lungo lavoro di analisi di oltre 20 mila messaggi WhatsApp, lettere, email della dottoressa e di ascolto di quindici persone a lei vicine.

La ricerca on line delle parole "ponte Santa Giustina", "ponte lago Santa Giustina" e "lago Santa Giustina" la mattina della scomparsa «lascia presagire, con tasso di probabilità purtroppo prossimo alla certezza, che Sara Pedri si sia tolta la vita».

«Quell'ambiente di lavoro malsano - evidenzia la psicologa - aveva indotto Sara a vivere un dolore estremo che, nella sua mente, era diventato intollerabile, insopportabile, inaccettabile. Tanto che la morte è diventata per lei sollievo e serenità».

La famiglia della dottoressa va avanti nella battaglia per fare luce su quanto accaduto a Sara.

L'ex primario di ginecologia di Trento Saverio Tateo e la sua vice Liliana Mereu, che non lavorano più al Santa Chiara, sono indagati per l'ipotesi di maltrattamento sul lavoro e abuso di mezzi di disciplina; 21 le parti lese.

«Noi come famiglia ci affidiamo alla procura - le parole della sorella Emanuela all'Adige - Abbiamo sempre consigliato a tutti di andare in procura, perché le parole alle volte contano poco per cambiare le cose: bisogna denunciare, e la parola denuncia non è negativa, può salvare vite».

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