Lutto / Il caso

La sorella di Sara Pedri: «È in fondo al lago di Santa Giustina, aiutateci a trovarla»

Esattamente otto mesi fa la giovane dottoressa scomparve a Mostizzolo. Emanuela Pedri, sul Corriere della Sera, la ricorda e dice: «Avrei dovuto fermarla, impedirle di tornare in Trentino, stava male». E dall’Azienda Sanitaria di Trento neanche una parola alla famiglia

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TRENTO. Esattamente otto mesi fa, alle 7 di mattina del 4 marzo scorso, il cellulare della dottoressa Sara Pedri ha smesso di funzionare. Da quel momento nessuno l’ha più vista. Ultima traccia: la sua auto è stata identificata nella piazzola nei pressi del ponte di Mostizzolo.

Cosa sappiamo oggi? Sappiamo che la dottoressa di 31 anni aveva cercato in internet “ponte di Mostizzolo” la stessa mattina alle ore 6.18.

Che si sia trattato di un gesto estremo, dopo mesi di prostrazione per la situazione lavorativa «umiliante» al reparto di Ostetricia e Ginecologia del Santa Chiara di Trento, diretto dal dottor Tateo, lo pensa anche la sorella di Sara Pedri, Emanuela.

Ieri ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera: «A otto mesi di distanza, siamo convinti che sia arrivata in quel punto dopo una decisione fulminea, per togliersi il male che l’affliggeva» ha detto la sorella Emanuela, che si batte per fare luce sui maltrattamenti operati all’interno del reparto.

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La giovane ginecologa è scomparsa lo scorso 4 marzo 2021. Da allora molte cose sono successe. Ma di lei, ancora nessuna traccia.

«Il 4 di ogni mese è un giorno sofferto. Organizziamo una messa per ricordare Sara insieme alle persone che la conoscevano. È un momento di preghiera, che serve soprattutto a mia madre, per avere un luogo in cui pregarla, visto che non abbiamo ancora trovato il suo corpo. A noi serve che ricerca di Sara prosegua per chiudere un cerchio» ha dichiarato.

La famiglia Pedri spera in nuove ricerche approfondite in primavera, quando l’acqua di Santa Giustina si abbasserà di 20 metri, anche con l’utilizzo dei cani molecolari.

Anche perché finora non è stato possibile una ricognizione completa:i sub che hanno perlustrato il fondale del lago – ha spiegato la sorella di Sara – sono arrivati fino ai 30 metri di profondità, usando roier e scanner sofisticati. Non si vede nulla, il lago è torbido e gelido. «Come familiari, per non lasciare nulla di intentato, chiederemmo di arrivare fino ai 50 metri di profondità. Ma vanno considerati anche i rischi che corrono i sub nel corso delle ricerche».

Emanuela Pedri ha anche confessato il suo atroce rimorso: «Avrei potuto fermarla fisicamente e impedirle di tornare in Trentino. Quando a fine febbraio è rientrata a casa per malattia, abbiamo visto tutti il suo malessere».

 

E dopo il licenziamento del primario Saverio Tateo, rivela Emanuela al Corriere, le colleghe del reparto sono rimaste in contatto: «Sento tutte ogni giorno, e mi ringraziano. Ormai la battaglia di Sara è diventata universale. Alcune persone hanno trovato la forza di lasciarsi alle spalle la paura e l’omertà per esporsi e tutelarsi. Oggi è sotto il mirino il Santa Chiara, ma in tantissimi sanitari, del pubblico e del privato, mi stanno contattando per farmi presenti storie simili».

Da Tateo e dall’Azienda sanitaria di Trento, invece, la famiglia Pedri non ha mai ricevuto messaggi. Nessuno, mai, si è fatto vivo neanche per una parola.

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