Scuola / Il caso

Una famiglia vuole la revoca dell’ora di religione a corso iniziato: “È impossibile cambiare”

Il garante dei minori la sostiene. A stretto giro di posta risponde il dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento, Roberto Ceccato: una volta iniziati i corsi non si può più cambiare idea

di Fabrizio Franchi

TRENTO. Il tema dell'insegnamento della religione cattolica apre sempre dibattiti accesi. Questa volta a innescare una nuova polemica è il Garante dei diritti dei minori, Fabio Biasi, che dieci giorni fa ha chiesto alla Provincia per quale motivo ad alcuni genitori sia stato impedito di revocare l'adesione dei figli al corso di religione.

A stretto giro di posta risponde il dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento, Roberto Ceccato: una volta iniziati i corsi non si può. In mezzo anche qualche graffio tra Biasi e Ceccato, con quest'ultimo che lamenta una procedura inconsueta rispetto alle consolidate prassi istituzionali. Ma la vicenda, sia chiaro, non riguarda la legittimità o meno dell'ora di religione.

Tutto parte da una segnalazione di Maurizio Freschi, presidente della consulta provinciale dei genitori. Una famiglia informa Freschi che il docente di religione della loro figlia ha dichiarato l'intenzione di voler trattare esclusivamente l'insegnamento della religione cattolica, senza affrontare le altre confessioni religiose, in classi che tra l'altro vedono studenti di altri orientamenti. Al che i genitori decidono di revocare l'adesione all'ora di religione. Ma la scuola risponde picche: ormai i corsi sono cominciati.

Freschi, informato, a quel punto si rivolge al garante dei minori, Fabio Biasi, il quale scrive a tutti i dirigenti scolastici e a Ceccato, sottolineando che in base al Concordato tra Stato e Chiesa, l'insegnamento è obbligatorio da parte dello Stato, ma che la frequentazione degli studenti è facoltativa e che in base a una sentenza del Tar del Molise su una vicenda analoga questi ha sottolineato che non possono essere compressi i diritti e che l'impossibilità di cambiare corso ha un carattere puramente organizzativo.

Veloce la risposta di Ceccato, che richiama le circolari ministeriali e una sentenza del consiglio di Stato secondo il quale l'ora di religione è sì facoltativa, ma nel momento in cui lo studente se ne avvale questo diventa un corso obbligatorio. Ma conclude sostenendo che ci può essere spazio da parte dell'istituzione scolastica di valutare casi particolari. Curiosamente, Ceccato risponde agli interlocutor chiamati in causa da Biasi, ma vi aggiunge don Tiziano Telch, delegato arcivescovile per la Scuola.

Ed è una delle cose che fa nascere la domanda: perché? Perché, sottolinea con forza il presidente dei genitori, non è una nuova battaglia di religione: «Anzi, tanto per chiarire, mia figlia deve fare la cresima, segue la catechesi. Nessuno mette in discussione le radici cattoliche del Trentino. Il problema non è dunque una battaglia attorno all'ora di religione, ma apre un altro tema: quello delle norme che devono essere universali. Non si può rispondere come fa il dirigente provinciale che di fronte a casi particolari si possono fare eccezioni».

Insomma, o una norma vale, oppure non vale. Non si valuta caso per caso in base alla discrezionalità. Altro aspetto non indifferente che fa capire che si cammina su un terreno difficile è il fatto che su altri problemi importanti su cui sono stati fatti dei quesiti - dalle mense ai trasporti, dalla vigilanza ai controlli nelle scuole - la Provincia a distanza di mesi ancora deve rispondere. Sull'ora di religione invece è arrivata una risposta immediata coinvolgendo anche il delegato vescovile.

Il tema non è peregrino, perché in alcune zone abbiamo sempre più una presenza di figli di immigrati a cui evidentemente non si può imporre l'ora di religione come insegnamento esclusivo della confessione cattolica: «Il piano di studio prevede il confronto tra religione monoteistiche - dice Freschi - tra l'altro certi problemi si manifestano in particolare dove abbiamo fenomeni di immigrazione, dove servirebbe l'integrazione, se vogliamo evitare le bandiere. Invece più isoliamo più aumentiamo le divisioni».

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