Sanità / L’intervista

I dubbi di Ioppi su Ferro: “Aveva negato problemi a ginecologia, poi ha spostato il primario”

Il presidente dell’Ordine dei medici sostiene che i problemi nel reparto di ginecologia erano noti da anni, ma c’è voluto il clamore mediatico del caso Pedri per intervenire: “Casi simili anche in altri settori, bisogna cambiare il modello organizzativo”

di Franco Gottardi

TRENTO. Conclusa l'indagine della commissione interna, che ha deciso di sollevare il primario Saverio Tateo e la dottoressa Liliana Mereu dai loro incarichi nell'unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale Santa Chiara, anche l'Ordine dei medici di Milano, dove è iscritto Tateo, ha deciso di aprire un procedimento a suo carico per cercare di verificare eventuali violazioni della deontologia professionale, tra cui il dovere di solidarietà tra colleghi.

Milano si è mossa sulla base delle notizie di stampa, posto che il caso Pedri ha avuto risonanza nazionale, ma anche in base alla segnalazione dell'Ordine trentino, che a sua volta ha aperto un procedimento nei confronti di Mereu, iscritta qui in Trentino, e di un altro paio di medici citati dalle dottoresse che la settimana scorsa hanno voluto denunciare la situazione nel reparto e i presunti casi di mobbing.

Le responsabilità insomma potrebbero non essere limitate alla coppia individuata dalla commissione interna dell'Azienda sanitaria. Le persone sotto inchiesta verranno sentite entro la fine del mese dall'Ordine, che per regolamento deve attendere almeno venti giorni dalla denuncia per permettere di preparare le tesi difensive.

Il dottor Marco Ioppi, presidente dell'Ordine dei medici del Trentino, è stato in passato primario di Ostetricia e Ginecologia a Trento. Conosce bene perciò difficoltà e dinamiche di un reparto ospedaliero.

Dottore, cosa ci insegna il caso Pedri? esistono ancora le cosiddette "baronie" negli ospedali, con primari sovrani?

Non c'è più quel modo di gestire i reparti di tipo monarchico come una volta. Direi che adesso c'è più una difficoltà dovuta all'aumento delle problematiche e del numero di persone da dirigere. Una delle considerazioni da fare è che, via da qualsiasi responsabilità che comporta il caso specifico, su cui non sappiamo ancora i dettagli se non l'esistenza di una incompatibilità ambientale, oggi un primario ha una responsabilità clinica notevole, aumentata con il passare degli anni. C'è una patologia sempre più complessa, una richiesta sempre più esigenze da parte del pubblico, c'è anche una medicina che ha fatto passi da gigante. quindi in capo al primario responsabilità clinica e gestionale, che però non sempre ha gli strumenti per esercitarla. Vent'anni fa doveva gestire poche persone, adesso un reparto come ginecologia conta più di cento persone.

 

Quindi servirebbero modelli organizzativi diversi?

Sì, io insisto a dire che siamo ancora a un modello di vent'anni fa. Non si sono adeguati al passare del tempo. Il primario è solo, impegnatissimo dal punto di vista clinico. Spesso può avere gestioni molto verticistiche che finiscono per andare a cozzare contro le persone, che hanno ormai professionalità elevata e che vanno approcciate in maniera diversa. Oggi anche un medico neo assunto ha alle spalle anni e anni di master e specializzazioni; sono persone molto preparate che meritano rispetto e attenzione. I giovani devono sentirsi in sintonia con l'organizzazione per attuare i loro progetti di crescita. Detto questo il caso Pedri è stato forse condizionato anche dal clamore mediatico e deve essere approfondito. Ma situazioni simili ci sono anche in altri reparti. Il problema è che la scelta del primario viene fatta sulla base di capacità tecniche e non si guarda minimamente alle capacità di gestione del personale.

 

Quello che è successo un mese fa con la riconferma di Tateo, valutato solo sulla base dei risultati.

Esatto. mentre c'erano situazioni di disagio che noi denunciamo da tempo. Già nel 2018 e 2019 le dottoresse avevano scritto ai responsabili, lo sapevano tutti di questi problemi. Ma nessuno li ha presi in considerazione, quando invece bisognerebbe sanarli sul nascere.

 

Ma questo è un problema trentino o succede lo stesso anche nelle altre regioni?

No, è un problema nazionale. Quando negli anni Novanta sono state costituite le Aziende sanitarie avevano solo obiettivi economici, quelli di sanare i buchi di bilancio. Ma un ospedale non è una fabbrica o un salumificio, non ci possono essere solo obiettivi economici e di quantità. Qui noi abbiamo continuato ad avere un sistema aziendale che ha continuato a seguire solo questi obiettivi, mai obiettivi di salute, per i cittadini e per gli operatori che lavorano. E se un operatore è costretto a lavorare in un sistema "tossico" non può produrre salute, gravato di tensioni, umiliazioni, demansionamenti. Quest'azienda ha dimenticato che il personale è una ricchezza da preservare. Questo dovrebbe insegnare la vicenda.

 

Dal punto di vista organizzativo cosa si può cambiare? Preparare di più i primari alla gestione del personale o delegare qualche compito ai collaboratori?

Alla fine la sanità ha una struttura piramidale e il responsabile ultimo della salute del paziente è il primario. Certo deve avere strumenti e deve esserci una direzione sanitaria capace di fare controlli e verifiche. Non tutti i primari sono incapaci dal punto di vista delle relazioni, ma laddove ci sono difficoltà è la direzione sanitaria che deve intervenire. Sicuramente Tateo è stato sacrificato ma ci sono altre responsabilità da prendere in considerazione.

 

Il nuovo direttore generale dunque farebbe bene ad occuparsi anche di questi aspetti?

Certo. A parte il fatto che parte con un passo falso perché non più tardi di un mese fa aveva annunciato pubblicamente, subito dopo la scomparsa della dottoressa Pedri, che non c'erano evidenze che legavano quella scomparsa con il clima all'interno del reparto.

 

Dichiarazioni quantomeno affrettate?

Prudenza avrebbe voluto che ci fosse un approfondimento serio, che si andasse ad ascoltare quali erano le rimostranze della famiglia. Perché è dovuta andare a "Chi l'ha visto?" per farsi sentire? E così sei dottoresse che volevano denunciare la situazione hanno dovuto prendersi un avvocato per far valere le loro ragioni. questo è segno di una rottura della fiducia che doverebbe esserci tra i responsabili e il corpo medico. È gravissimo. Ecco perché mentre prima l'Ordine si era offerto in maniera molto riservata, perché era stata richiesta riservatezza, poi quando si sono presentate con gli avvocati ha dovuto aprire il procedimento.

 

Queste situazioni di tensione nei reparti finiscono per intaccare la qualità dell'offerta sanitaria?

No. Anche nel caso di Ginecologia se c'è una gestione del personale che ha mostrato tutte le sue carenze posso dire che la gestione clinica, di quel reparto e in generale nella sanità trentina, è solida e di buon livello. Adesso sembra che tutto vada a catafascio ma non è così. Ci sono comportamenti da correggere, situazioni di mobbing, ma finora i pazienti non hanno subito danni. E questo fa onore soprattutto a quelle dottoresse che hanno denunciato le difficoltà ambientali ma che sono state comunque capaci di garantire il massimo sul lavoro e nei confronti dei pazienti.

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