Sardagna, cittadini mobilitati «La discarica non va riaperta»

La comunità di Sardagna si oppone alla riapertura della discarica per inerti del paese. Tra la gente c'è paura degli effetti nocivi che i rifiuti non conformi conferiti in maniera illecita potrebbero creare alla salute: nel 2009 la discarica era stata posta sotto sequestro da parte della magistratura di Trento; poi venne dissequestrata e regolarizzata nel 2012.

Timori per la salute, soprattutto riguardo alle sostanze cancerogene depositate. Tanto che c'è chi chiede la rimozione totale dei conferimenti avvenuti in passato. Molte persone si sono dette preoccupate della provenienza del nuovo materiale da immettere in discarica: «In Trentino non ci sono molti cantieri e gli inerti andrebbero presi da fuori regione - dicono i residenti - Non vogliamo doverci trovare nuovamente di fronte a rifiuti tossici». In tal senso il presidente della circoscrizione Mirko Demozzi ha assicurato un'attenta rete di controllo.

Sono queste le principali criticità emerse durante l'assemblea pubblica svoltasi lunedì sera a Sardagna, cui ha partecipato praticamente tutta la popolazione. I lavori di conferimento potrebbero riprendere verso fine primavera 2015: il Consiglio circoscrizionale ha espresso parere positivo all'individuazione di un'area di gestione degli inerti in corrispondenza della stazione di valle della teleferica, a Piedicastello, da dove partiva (e potrebbe ripartire) l'attività di conferimento con gestione affidata alla Sativa. Ora manca il parere dell'amministrazione comunale. Ma la cittadinanza non è assolutamente propensa di far ripartire i lavori.

A tentare di convincere la popolazione dell'assenza di ricadute negative sulla salute è stato Francesco Pizzo dell'Unità operativa Igiene e Sanità pubblica dell'Apss. Tuttavia, non è servito a molto spiegare ai cittadini l'assenza di percentuali di rischio per contaminazione dell'acqua potabile, contaminazione di piante ed animali oppure veicolazione aerea di polveri tossiche.

Un residente nei pressi dell'ex cava ha replicato dicendo che sui balconi di casa sua e sulle auto si deposita sempre una polverina. «Quindi l'aerosol c'è - motiva - e noi lo respiriamo». Più volte i presenti hanno accusato l'amministrazione comunale (presente con l'assessore all'ambiente Michelangelo Marchesi) e la Provincia di «prendere in giro gli abitanti di Sardagna»: «L'ex cava di monte Zaccon di Marter dovrà essere ricoperta - accusano i residenti - I materiali tossici sono gli stessi, solamente che là è tutto documentato e qui invece non esiste traccia di documentazione poiché i camion venivano a scaricare di notte».

Demozzi ha cercato di spiegare l'impossibilità di asportare materiale dalla cava «in quanto essa è regolarizzata e bisognerebbe cambiare la legge con lunghe tempistiche di attuazione». Ai cittadini che hanno proposto di non aggiungere ulteriore materiale inerte, ma di ricoprire e chiudere la discarica, Demozzi ha ricordato che quel materiale servirà a fermare la frana. In questo caso si apre uno scenario di incertezza perché non si conosce ancora il quantitativo di inerte necessario a sanare l'instabilità idrogeologica. E questo mette un ulteriore punto di domanda sui tempi di riempimento della cava (dieci anni?) che certo non portano la popolazione a caldeggiare la sua riapertura. Non è mancato nemmeno chi si è chiesto cosa accadrebbe se, in un tempo così lungo, la Sativa arrivasse al fallimento.

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