Asili nido, educatrici vecchie a 35 anni

Fine carriera a 35 anni, un po' come i giocatori di calcio che a quell'età vengono considerati «fuori dai giochi», campioni spompati, vecchi, buoni solo - se va bene - per fare i telecronisti o la pubblicità dell'acqua minerale. Il tetto dei 35 anni rischia di essere imposto anche alle educatrici di asilo nido, chiamate ad operare nelle strutture del Comune di Trento. L'amministrazione sta infatti predisponendo il regolamento riguardante l'organigramma e quindi i concorsi a tempo indeterminato

di Andrea Tomasi

asilo nido giochi bambiniTRENTO - Fine carriera a 35 anni, un po' come i giocatori di calcio che a quell'età vengono considerati «fuori dai giochi», campioni spompati, vecchi, buoni solo - se va bene - per fare i telecronisti o la pubblicità dell'acqua minerale. Il tetto dei 35 anni rischia di essere imposto anche alle educatrici di asilo nido, chiamate ad operare nelle strutture del Comune di Trento. L'amministrazione sta infatti predisponendo il regolamento riguardante l'organigramma e quindi i concorsi a tempo indeterminato.


La direzione generale del Comune, assieme al sindaco, ha presentato alla commissione trasparenza e alla commissione statuto una proposta di modifica del regolamento sul personale: un provvedimento per mettersi in linea con la legge regionale 2 del 2012.


L'idea insomma, un po' come già avviene per gli agenti di polizia municipale, è di porre un limite di età per l'accesso ai concorsi per posizioni a tempo indeterminato all'interno degli asili nido comunali. Mestiere usurante, quello dell'educatrice, quindi meglio fare largo alle giovani. Un discorso che forse non fa una piega dal punto di vista dell'efficienza, ma che no sta bene alle rappresentanze sindacali e alle «maestre di nido» formate e/o dotate di un bagaglio di esperienza che non potranno neanche sognare un contratto stabile. E questo - dicono i sindacati - in barba alle politiche per il sostegno delle donne: una svolta che non è ancora realtà, ma che sa di beffa per le precarie che da anni prestano servizio con contratti a tempo in strutture comunali e convenzionate. Sì, perché il tetto anagrafico non viene posto per i contratti a tempo. Come dire: se il vincolo non è per la vita (professionale), allora ci vanno bene anche le quarantenni e le cinquantenni.

 

«Come rappresentanti sindacali - commenta  Marcella Tomasi  (Uil Fp Enti Locali) - non possiamo che essere contrari a questo limite di età. Ai vertici dell'amministrazione pubblica sono stati chiesti chiarimenti, ma la risposta è stata solo "Faremo i nostri approfondimenti". Questa norma taglierebbe fuori una serie di lavoratrici, a cui invece non sono invece precluse le posizioni a tempo determinato». La questione riguarda migliaia di educatrici, tutte potenzialmente interessate ad un impiego nell'ente pubblico. Il timore è che questo possa essere il primo passo per uno smantellamento generale e per assegnare il servizio solo alle imprese cooperative. 

 

Stefania Galli  (segretaria della Cisl Scuola) sintetizza: «Le donne vengono beffate due volte. Sono queste le politiche a sostegno delle donne che promuoviamo in Trentino? Ci sono educatrici che lavorano da 10 anni, senza contare gli anni di formazione, l'università e i corsi Baby Life. Il tetto anagrafico ha dei profili di incostituzionalità. Considero questo progetto allucinante. Parliamo di donne che fra i 20 e i 35 anni studiano, lavorano e poi diventano madri. Quando puntano a un contratto più sicuro, si dice loro che sono troppo vecchie: un giro dell'oca fatto "a oca", appunto». E la Cgil minaccia la mobilitazione. 

 

Giampaolo Mastrogiuseppe  spiega che anche il sindacato di via Muredei si è opposto al «progetto del Comune», perché «toglierebbe la possibilità a lavoratrici che stanno svolgendo egregiamente il loro lavoro, di partecipare ad una selezione pubblica (l'ultimo concorso per posizioni a tempo indeterminato risale a 5 anni fa, ndr)». Abbiamo chiesto - conclude - di stralciare la norma. Siamo pronti a portare le educatrici sotto le finestre del governatore Pacher». Si punta su una retromarcia dell'amministrazione. Le educatrici - si dice - non possono essere messe sullo stesso piano dei calciatori professionisti, senza contare che non hanno né sponsorizzazioni né compensi milionari.

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