L’editoriale  / Faustini

Finalmente l’Italia si è rimessa in moto

Economia, il nostro Paese è tornato a correre dopo la devastazione Covid. Ma servono le riforme

TRENTO. Travolti dal temporale del Covid (c'è ancora; e non è proprio il caso di far finta di nulla), ci sfugge un prezioso raggio di sole: numeri che parlano, finalmente, di una (vera) ripartenza economica. «Dalla crisi stiamo emergendo - mi ha detto anche l'altra sera Carlo Cottarelli, l'economista che da tempo sosteneva fra l'altro che il Pil si sarebbe messo a "volare" -, ma non basta tornare ai dati del 2019 e dunque all'anno che ha chiuso il peggior ventennio della storia economica italiana. Per ripartire davvero servono riforme radicali: nella società e nell'economia».

Peccato che le riforme - come il cammino del progetto Cartabia sulla giustizia sta ancora ben dimostrando - non siano esattamente la nostra specialità. Continuiamo infatti ad essere il Paese dei guelfi e dei ghibellini. Sfumature e distinguo hanno la meglio su unità d'intenti e scelte comuni. Avanziamo divisi (persino sui vaccini, come noto) a tutti i livelli. Per carità, la legge Cartabia - se il Parlamento rispetterà l'impegno d'approvarla - dovrebbe finalmente realizzare il principio costituzionale della durata ragionevole del processo (visto che i tempi della giustizia sono spesso, di per sé, un'ingiustizia). Ma per cambiare anche impercettibilmente le cose si sfiora ogni volta la crisi di governo. Persino di fronte a un preciso impegno preso con l'Europa come condizione - parole dell'ex presidente della consulta e attuale ministra della giustizia - per ricevere i finanziamenti del Recovery fund. Un Paese con una giustizia imprevedibile (nei tempi, soprattutto) risulta infatti inaffidabile agli occhi di Bruxelles e di Strasburgo.

Ma torniamo ai numeri: l'Istat dice che il secondo trimestre è andato molto bene e parla di un Pil proiettato oltre il 5 per cento, supportato anche da un bel recupero dell'occupazione. Solo Spagna e Portogallo stanno tirando più dell'Italia. Germania e Francia - ed è più che una notizia - stanno invece a guardare. Da una certa distanza. I numeri vanno letti con attenzione: perché lo scorso anno, in piena pandemia, perdemmo il 18,2 per cento del Pil.

Gli esperti sono però unanimi nel dire - variante Delta permettendo - che probabilmente a fine anno il 5 per cento di crescita riusciremo persino a superarlo. Citando Robert Kennedy, Cottarelli ricorda peraltro anche che è abbastanza facile far crescere un'economia nell'immediato attraverso politiche economiche molto espansive (aumento del deficit pubblico, tassi di interesse bassi). Il problema è mantenere la crescita nel tempo, evitando squilibri di natura sociale, ambientale e finanziaria. E il Covid, in tal senso, continua ad aggirarsi come un fantasma molto reale sulle nostre vite, sui nostri conti, sul nostro destino.

A maggio, però, il tasso d'occupazione è salito al 57,9 per cento. Buone nuove anche dal fronte delle donne e dei giovani. E anche l'export è ripartito. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza - burocrazia permettendo - dovrebbe fare il resto, anche se l'Italia resta divisa: un dato, a noi fin troppo noto, che sfugge invece all'Istat. Ma intanto godiamoci il raggio di sole.

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