A Vetriolo arriva la trappola per cinghiali

di Valentina Fruet

La crescita esponenziale della popolazione dei cinghiali in Valsugana si fa sentire e sul territorio del Comune di Levico spunta il primo recinto della valle per la cattura.

I danni degli animali selvatici sono in aumento sul versante di Vetriolo e la scorsa settimana, su richiesta di alcuni privati che hanno trovato i propri campi adibiti a sfalcio d’erba pesantemente danneggiati, si sono attivati l’assessore all’agricoltura Marco Martinelli, gli uomini della Stazione forestale di Levico e la Provincia per provare ad arginare la diffusione della specie con la realizzazione di un chiusino, un recinto creato appositamente per la cattura e lo spostamento o l’abbattimento degli ungulati.

«Ne sono stati creati anche altri in provincia e funzionano, stiamo a vedere se riusciamo a ridurre il problema», dice Martinelli «senza danneggiare eccessivamente la specie». La «gabbia», piazzata sulla Strada dei Baiti a Vetriolo, al momento «non è ancora attiva» ha spiegato Gabriele Vettori della stazione Forestale di Levico «e stiamo monitorando la zona con delle fototrappole per vedere se i cinghiali faranno ritorno: potrebbero volerci anche venti giorni perché sono animali che si spostano molto». Il provvedimento, concordato con l’assessorato comunale e provinciale, è stato reso necessario dalla grandissima diffusione che hanno avuto recentemente i cinghiali nella zona, spiega l’esperto: «Qualche anno fa se ne trovavano solamente in destra Brenta, sul versante delle Vezzene e del Pizzo, mentre ora si sono spostati e sono ampiamente diffusi anche verso Vetriolo e Panarotta, come hanno dimostrato gli ingenti danni ai prati dei residenti che saranno risarciti dalla Provincia».

Lo scorso anno sono stati 35.000 gli euro spesi da Trento per le grufolate dei cinghiali, che scorticano il manto erboso in profondità che ci mette poi anni a riformarsi, dei quali ben 10.000 euro sul Comune di Levico. Secondo un primo sommario conteggio gli animali diffusi nella zona e avvistati sono una quarantina che percorrono grandi distanze e sono stati scorti su tutto il versante fino all’altezza di Novaledo; una specie che si diffonde molto rapidamente, con il raddoppio della popolazione tutti gli anni, e non esita a raggiungere il fondovalle anche in inverno per andare alla ricerca di cibo.

«Se gli altri ungulati, caprioli e camosci, hanno un aumento annuo della popolazione che va dal 17% al 30%, per il cinghiale si parla di un aumento dal 70% fino anche al 200% e se si dovessero abbassare nel fondovalle farebbero danni pesanti anche alle coltivazioni di mais, agli orti e ai frutteti»; inoltre, essendo onnivori, si nutrono anche di uova e di piccoli animali come cuccioli di capriolo. In questo periodo c’è stato un aumento spropositato per le temperature miti che abbassano la mortalità, e la presenza bassa dei grandi predatori come i lupi, che tengono controllata la crescita seguendo la naturale catena alimentare: «Ci sarà presto bisogno di rivederne la gestione. I cacciatori della zona spingono per l’apertura anche dell’area sinistra Brenta alla caccia liberalizzata, ma queste sono scelte politiche di cui si discuterà più avanti», conclude Vettori.

Sono solo 1800 infatti i cacciatori trentini abilitati al controllo del cinghiale (ne vengono catturati e abbattuti circa 230 all’anno in tutta la Provincia) e sul versante sinistra Brenta della Valsugana al momento è proibito il prelievo, e naturalmente la caccia, anche a questi, in quanto zona di radicazione di competenza di guardiacaccia e forestali.

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