Quaere, sequestro alla Zanghellini. Sigilli all'impianto di conglomerati

di Giorgia_Cardini

Gli uomini della Polizia giudiziaria e del Corpo Forestale sono arrivati a Quaere, piccola frazione di Levico Terme, ieri intorno alle 10 per eseguire il decreto di sequestro preventivo dello stabilimento della Zanghellini Conglomerati srl, firmato dal giudice per le indagini preliminari Francesco Forlenza il 6 agosto su richiesta del pm Carmine Russo. Con loro c'erano l'amministratore giudiziario, un ingegnere, e l'avvocato Nicola Zilio, che si occupa della difesa assieme a Roberto Bertuol e Alberto Cunaccia. Il sequestro non comporta l'interruzione dell'attività industriale che consiste nella produzione di asfalti a caldo e a freddo, con riciclaggio di asfalto vecchio: nel cartello appeso sul cancello, in via per Vezzena 3, si legge che lo stabilimento è sottoposto a «sequestro preventivo con nomina di amministratore giudiziario affinchè prosegua nella gestione dell'azienda e adotti le misure tecniche volte alla risoluzione delle problematiche evidenziate».

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Problematiche che per circa due anni i residenti di Quaere hanno denunciato rivolgendosi a tutte le istituzioni preposte al controllo del territorio, che si sono mosse a più riprese, sia cercando soluzioni concordate con la proprietà della Zanghellini Conglomerati, sia emettendo diverse ordinanze (che l'azienda sostiene di aver ottemperato) e svolgendo controlli. Polveri, rumori molesti ma soprattutto odori asfissianti con effetti irritanti per gola, naso e occhi: questi i disturbi lamentati dai circa 70 residenti dell'area, dopo il cambio di gestione di un paio di anni fa. Lo stabilimento opera in zona da molti anni e prima della fine del 2013 non erano mai stati rilevati problemi. Col subentro della nuova gestione, però, sarebbero cambiate anche le modalità operative: il volume della lavorazione è aumentato, è aumentato il numero di camion in uscita ed entrata privi dei teli prescritti, sono aumentate le ore di lavoro, tanto che nelle deposizioni raccolte dalla procura si parla di impianti in funzione talvolta dalle 5 di mattina fino a mezzanotte e di camion in uscita dalla ditta durante la notte.

Modalità che avrebbero sforato i limiti imposti dalle autorità comunali e provinciali, sia in termini di ore di lavorazione, sia per quanto riguarda le emissioni. Una determinazione del dirigente dell'Agenzia provinciale per l'Ambiente datata 24 gennaio 2013 autorizzava infatti la precedente attività a emissioni in atmosfera di anidride solforosa, fumi di bitume, monossido di carbonio, ossidi di azoto, polveri inerti totali e composti organici volatili ma imponeva all'impresa di dotare i macchinari di filtri a maniche, di incapsularli, di bagnare il materiale lavorato, coprire i nastri trasportatori di materiale fine, coprire parzialmente i cumuli di materiale inerte con una tettoia, coprire i camion carichi, asfaltare i piazzali interni, eccetera. 

Precauzioni necessarie ad evitare proprio quella situazione esasperante che ha spinto gli abitanti di Quaere a rivolgersi alla polizia locale dell'Alta Valsugana, al Comune e alla Forestale fin dal 2013: numerose le serate organizzate per parlare dei problemi rilevati a cui ha partecipato anche la proprietà, ma senza che ciò abbia prodotto cambiamenti sostanziali. Tanto che le segnalazioni sono proseguite fino a indurre l'apertura di un'inchiesta da parte della procura, con magistratura, Polizia giudiziaria, Nucleo specialistico del Corpo forestale di Trento e Corpo forestale di Levico che hanno lavorato insieme.

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