Abbattuto il cinghiale che minacciava i campi bio

di Tommaso Gasperotti

Era da diverse notti che un grosso cinghiale si aggirava per i pascoli ai piedi dello Stivo. Una presenza che tra i contadini della Val di Gresta, preoccupati per i danni che avrebbe potuto provocare ai loro raccolti, non era di certo passata inosservata.

Tanto che, non appena l’animale - un maschio di oltre 80 chili - ha sconfinato cominciando a grufolare nei prati in località Sant’Antonio, è partita una vera e propria caccia al suino. In quella zona, infatti, che rientra nelle aree a «densità zero», il cinghiale non avrebbe dovuto esserci, per nessun motivo.

«Il nostro territorio - spiega la sindaca di Ronzo Chienis Piera Benedetti - è una zona di eradicazione, dove è previsto l’abbattimento di questa specie».

Così, dopo giorni di appostamenti notturni, con tanto di trappole e gabbie per catturarlo, l’esemplare è stato ucciso dagli agenti della stazione forestale di Mori.

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«Molto probabilmente - racconta Benedetti - era arrivato dal vicino monte Velo, nel Comune di Arco, dove la presenza del cinghiale è consolidata da tempo. Da noi era la prima volta che si faceva vedere, spingendosi così vicino alle coltivazioni: se fosse arrivato fino ai campi i danni sarebbero stati ingenti. Come è accertato, oltre ad essere pericoloso pure nei confronti dell’uomo, avrebbe potuto danneggiare la già fragile economia di un paese come il nostro che vive di agricoltura. Speriamo sia un caso isolato e non ne arrivino presto altri». Anche la presidente del Consorzio ortofrutticolo Val di Gresta Vanda Rosà tira un sospiro di sollievo: «Era da un mesetto che girava in zona. Per gli ortaggi avrebbe potuto rappresentare una minaccia, visto che il cinghiale è famoso per scavare la terra come un aratro, devastando le colture».

In paese tutti erano a conoscenza dell’arrivo dell’indesiderato opite con le zanne e per giorni interi la sua parabola ha tenuto banco. Anche perchè la cattura si è rivelata più ardua del previsto con la bestia che di abboccare alle esche messe dalla Forestale non ci pensava neanche lontanamente.

La notizia è scesa anche più a valle, arrivando alle orecchie del consigliere provinciale di Civica Trentina Claudio Civettini che in un’interrogazione si chiede che fine abbia fatto la carcassa dell’animale. «Si dice che quasi 80 chili di carne siano andati al macero, invece di essere conferiti come previsto dalla legge alle onlus locali che si occupano di sociale. Devolvere il capo abbattuto alla popolazione, invece di avviarlo all’inceneritore, sarebbe stata una scelta più legittima e produttiva», scrive Civettini, richiedendo anche i dati del censimento del mammifero. Perchè il rischio, sottolinea il consigliere lagarino, è che il cinghiale, che ora ha varcato i confini anche della Val di Gresta, arrechi gravi danni agli orti che fanno di questa valle il vero «giardino biologico del Trentino».

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