Trento / La storia

La lingua universale degli scout: a Montevaccino 14 lupetti di Fiemme e Fassa e 17 "colleghi" ucraini

Un campo dal sapore speciale nel bosco di Pralungo: «Non eravamo più due gruppi di nazioni diverse e lontane, ma un unico, grande, super gruppo. I bambini comunicavano attraverso giochi, intese, facce buffe oppure anche solo prendendosi per mano»

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TRENTO Gradinate colorate degli scout a Madonna Bianca

di Andrea Orsolin

TRENTO. È stato un campo dal sapore speciale, quello di quest'estate, per il gruppo scout Fiemme e Fassa nel bosco di Pralungo a Montevaccino. La vacanza di branco dei 14 lupetti (cioè bimbi e bimbe tra gli 8 e gli 11 anni) è stata condivisa con i 17 scout arrivati da Ivano-Frankivs'k, città dell'Ucraina occidentale. Dopo lo scambio di mail, il campo ha iniziato lentamente a prendere forma.

I capibranco (Paola Misconel, Lorenzo Galbusera, Leonardo Silvestri) hanno messo a punto attività create per l'occasione, considerando che la comunicazione poteva essere sì un ostacolo, ma un ostacolo da affrontare con fantasia.

«Spesso avevamo detto ai nostri ragazzi che "l'insieme è maggiore della somma delle parti", e così è stato - afferma Paola Misconel - non eravamo più due gruppi di nazioni diverse e lontane, ma un unico, grande, super gruppo. Il nostro obiettivo è stato quello di parlare di magia come ingredienti che messi insieme, con la giusta alchimia, creano qualcosa di nuovo».

Lo staff ha visto collaborare fianco a fianco i capi (quelle ucraine erano solo donne), le cuciniere, due aiutanti giovanissimi, un rover (scout adolescente). Ad aiutare i due gruppi nei dialoghi, come mediatori e traduttori, una signora con il figlio quindicenne, scappati l'anno scorso nel bolognese e provenienti proprio da Ivano-Frankivs'k.

«La lingua non è stata assolutamente una barriera, bensì una sfida», racconta Paola. I bambini fra di loro comunicavano attraverso giochi, intese, facce buffe oppure anche solo prendendosi per mano. Hanno cantato e danzato assieme. Giocato a calcio, bocce, nascondino, scacchi e quidditch. Partecipato a laboratori artistici e manuali. Hanno ideato una buca delle lettere dove poter lasciare dei messaggi per gli amici, svelati e consegnati durante l'ultima sera.«Insieme abbiamo superato la grande distanza geografica, le differenze culturali e il limite della lingua, sfoderando molti sorrisi, gesti, espressioni del viso e linguaggio del corpo, per comunicare con fantasia seguendo sempre un'altra "formula magica", quella del fondatore degli scout Baden Powel.

Egli sosteneva che "se una strada non c'è, basta inventarla", spronandoci a trovare un modo per andare oltre l'ostacolo. Abbiamo sempre indossato sopra le nostre magliette e uniformi i fazzolettoni con i nostri nomi scritti in alfabeto cirillico e latino, così ognuno sapeva come chiamare l'altro. Abbiamo vissuto momenti di preghiera, l'alzabandiera, i pasti, le escursioni e le canzoni, tutto ciò impreziosito da tanti sguardi, strette di mano, abbracci».

L'ultimo giorno, al momento dei saluti, è scesa più di una lacrima, per la fine di un'esperienza che gli scout non dimenticheranno mai. «Adesso quando sentiamo di parlare dell'Ucraina e della guerra sappiamo che un po' del nostro cuore si trova lì. Questo campo estivo è stato importante per la crescita dei bambini: adesso l'Ucraina è molto più vicina a noi».

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