Detenzione / Il progetto

La pizza più gustosa? Forse sarà fatta nel carcere di Spini di Gardolo

Al momento è solo un'idea, ma le basi sono già state gettate: di recente è iniziato un vero e proprio corso per pizzaioli, seguito da una ventina di detenuti, grazie alla collaborazione con la scuola alberghiera di Levico Terme

di Nicola Maschio

GARDOLO. Un ristorante presso la casa circondariale di Spini di Gardolo, sulla falsariga di quello del comune milanese di Bollate. È l'idea lanciata lunedì 19 dicembre anche dal procuratore capo distrettuale di Trento, Sandro Raimondi, al termine del consueto incontro pre-natalizio organizzato presso il tribunale, in cui ha consegnato al personale del proprio ufficio un panettone realizzato dai detenuti della casa circondariale di Padova (ad oggi producono 1.200 panettoni al giorno, per un totale di oltre 60 mila nel periodo natalizio).

«Si tratta di un prodotto di eccellenza, consegnato anche all'ex presidente americano Barack Obama durante la sua ultima visita in Italia - ha spiegato Raimondi. - Rappresenta un esempio serio e concreto di reinserimento dei detenuti nella società. La maggior parte di queste persone poi sono state assunte nelle migliori pasticcerie del territorio, con un riscontro remunerativo importante e soprattutto con grande stabilità. È un'iniziativa che dimostra vicinanza a chi soffre e che ribadisce il vero significato del processo di reinserimento nella quotidianità. A tal proposito, il progetto della pizzeria sarebbe un grande passo avanti nella nostra realtà, seguendo proprio l'esempio di Bollate».

Al momento si tratta solo di un'idea, ma le basi sono già state gettate: è infatti recentemente partito un corso per pizzaioli - una ventina coloro che stanno seguendo il percorso formativo - proprio all'interno della casa circondariale di Spini di Gardolo e in collaborazione con la scuola alberghiera di Levico Terme.

Il progetto, come anticipato, potrebbe culminare con l'apertura di una pizzeria presso la struttura di Spini, in modo simile al ristorante milanese «InGalera», al momento unica attività di questo tipo (e stellato) in Italia, aperto al pubblico e all'interno del quale lavorano i detenuti seguiti da uno chef e un maître professionisti. I carcerati, assunti con regolare contratto, non solo hanno imparato una professione a trecentosessanta gradi, ma hanno avuto anche modo di "spendere" queste competenze in un'occupazione stabile, a contatto con le persone e mettendosi a disposizione degli altri.

Come accennato, le basi sembrano essere solide anche in Trentino, ma ci vorrà del tempo. «La Costituzione prevede il reinserimento dei detenuti nella società, ma deve essere soprattutto un nostro dovere deontologico - ha aggiunto Raimondi. - L'autorità giudiziaria, unitamente a quella che dirige le case circondariali, deve continuare a lavorare sulla sensibilità e sul potenziamento delle professionalità».

Lo spunto per realizzare la pizzeria a Spini di Gardolo è arrivato dalla direttrice della casa circondariale, Annarita Nuzzaci, che ha spiegato così il senso della progettualità: «È una scommessa che vogliamo fare sul futuro. Nonostante il personale impiegato nel settore dell'istruzione, nella nostra struttura, sia ancora al di sotto della quantità ottimale, abbiamo deciso di puntare sulle opportunità da rivolgere ai detenuti. Quella di imparare a fare la pizza, ad esempio. Molti di loro sono giovani e altri sono stranieri, dunque si tratterebbe non solo di insegnare una professione ma di consentire a queste persone di esportarla poi in varie parti del mondo. Al momento abbiamo strutturato tre corsi con un totale di circa venti persone, ma stiamo lavorando per "costruire" periodi brevi, di tre mesi in tre mesi, con il sostegno della scuola di Levico. La pizzeria è un progetto sul quale lavoreremo, ma è presto per fornire dettagli certi: intanto partiamo dalla cosa più importante, ovvero garantire a tutti una formazione completa e adeguata».

comments powered by Disqus