Giocare a calcio dribblando i divieti

Molti gli spazi in città, ma tanti anche i limiti. Ecco dove è possibile

di Laura Galassi

Qualche decina di metro quadrato pianeggiante, due felpe gettate sull'erba, un pallone e una manciata di amici: gli ingredienti per mettere in piedi una partita di calcio sono tutti qui. Uno sport immediato, a costo zero e amato da moltissimi ragazzi. Per chi è nato nel secolo scorso, imbastire una sgambata al parco o all'oratorio è sempre stata una questione di pochi minuti; per gli adolescenti di oggi, invece, ci sono molti ostacoli alla partitella. A Trento gli spazi per giocare al pallone, al di fuori delle società sportive, ci sono, e nemmeno pochi, ma spesso avere accesso agli agognati campetti, soprattutto per i più giovani, non è facile. Per la maggior parte delle strutture, infatti, è necessaria la prenotazione e, di conseguenza, anche il pagamento di un corrispettivo.

Nei parchi pubblici, inoltre, per chi ha più di 12 anni, è severamente vietato cimentarsi in dribbling e rovesciate: lo dice il regolamento di polizia urbana che prevede anche una sanzione amministrativa da 54 a 324 euro. La ratio dell'articolo 29 è chiara: finché sono i bambini a sfidarsi, nessun problema, ma con gli adolescenti il gioco comincia a farsi più competitivo e quindi anche potenzialmente pericoloso per gli altri utilizzatori dei parchi. Tra il centro e i sobborghi sono 12 le strutture dedicate al gioco del calcio ad utilizzo gratuito. Partendo dalla periferia, c'è il campo sportivo di Baselga del Bondone, Cesana a Candriai, l'area vicino al campo Asis di Sopramonte, i giardini di Montevaccino e Oltrecastello, il parco del Cimirlo e il giardino di Mattarello. In alcuni casi si tratta di veri e propri rettangoli di gioco, in altri solo di una porta in mezzo a un prato. «Se si guardano i numeri, tra oratori, campetti pubblici e aree verdi non c'è da lamentarsi: per favorire il gioco libero bisogna però trovare le modalità giuste per gestire questi spazi», sottolinea l'assessore allo Sport del Comune, Andrea Robol.

Per chi volesse organizzare una partita in città, le alternative sono i giardini Anna Frank della Clarina e gli spazi gestiti dagli Alpini in via Fermi. I campetti che vanno per la maggiore, però, sono quelli di Piedicastello, Canova e, ultimo inaugurato, quello di Spini di Gardolo. A Canova la struttura è stata data in gestione all'associazione giovanile Charisma, che si incarica dell'apertura gratuita mattutina e, il pomeriggio, affitta il campo su prenotazione. Il campo Doss Trento, invece, è incustodito e proprio in questa «anarchia» risiedono i problemi. «L'utilizzo - spiega il il presidente dell'Unione italiana sport per tutti (Uisp), Tommaso Iori - non è più di quartiere e non c'è molto senso di responsabilità: i calciatori entrano con le biciclette e abbandonano rifiuti. I più grandi impediscono ai piccoli di giocare».

Una situazione già nota all'amministrazione. «Abbiamo incontrato i residenti di Piedicastello e raccolto le loro esigenze», fa notare l'assessore Robol. «L'intenzione è quella di passare a una gestione comunitaria, come avviene per Canova e come vorremmo fare anche a Spini». Un altro esempio virtuoso è la struttura di Man - Malpensada. La società sportiva Clarentia permette il libero utilizzo nei fine settimana dalle 17 alle 20. Un'eccezione rispetto agli altri campi comunali dati in gestione: Cognola, Sardagna, Villazzano, Solteri e Vigolo Baselga, nonostante la convenzione con il Comune lo permetta, chiudono ai non tesserati.

«Siamo convinti - spiega Iori- che sia sempre più urgente arrivare alla definizione di modelli partecipati di fruizione degli spazi urbani. Anche una piazza o il prato di un parco possono diventare un campetto: è un discorso che impone una riflessione sui regolamenti comunali». Sulla modifica della legge, però, l'amministrazione non è convinta. Se per i parchi più grandi, come Gocciadoro, Coste e S.Rocco, creare delle zone «football-friendly» è ancora pensabile, per gli altri può diventare complicato.

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