A fuoco le baracche dei disperati nell'area della ex Sloi a Trento Nord

di Matteo Lunelli

«Quel che è accaduto ieri sera all'ex Sloi è una ferita per la città di Trento. Ci dispiace che la vita di quel ragazzo abbia avuto una fine così tragica, che i tentativi di aiutarlo nel passato non siano andati a buon fine». Così il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, commenta quanto avvenuto la scorsa notte nell'area ex Sloi di Trento nord, cioè la morte di un giovane senzatetto nell'incendio della baracca dove viveva.

«Il protagonista, un ragazzo di 23 anni, era conosciuto - spiega l'amministrazione comunale - dai Servizi sociali del Comune. Il giovane si era rivolto agli uffici nell'aprile dello scorso anno: in gravi condizioni di salute in seguito a un incidente (era stato investito da un treno), aveva chiesto un aiuto economico per il rimpatrio. Grazie al fondo per la solidarietà responsabile della Caritas, gli era stata consegnata la somma necessaria a tornare a casa. Dopo qualche tempo il ragazzo era tornato nuovamente a Trento, cosa non insolita perchè il pendolarismo tra l'Italia e la Romania per le persone di etnia Rom è del tutto normale». 


A cento metri dalla Metro, dove i ristoratori trentini vanno a fare la spesa per i loro locali. A duecento dalla sede della Polizia Municipale e dal Toys, il negozio dove mamme e papà comprano i giochi per i loro pargoli. In questa zona, tra uffici e aziende, c’è però anche un’area dimenticata, dove almeno una ventina di persone vivono nella povertà e nella miseria. Ieri notte un improvviso incendio divampato da una candela ha ucciso una di queste persone, Marius Barcea. Ventitré anni compiuti il 20 luglio scorso, era tornato a Trento due settimane fa dopo un periodo trascorso a casa, in Romania. La vita aveva già messo a dura prova Marius. Nel novembre 2013, infatti, era stato investito da un treno merci poco prima della fermata della Trento - Malé del Magnete: stava attraversando per andare a comprare le sigarette intorno alle 21 e non si è accorto del treno che sopraggiungeva. Finito in rianimazione per un lungo periodo è riuscito a salvarsi, anche se ha subito gravi danni alle gambe: inizialmente si muoveva su una carrozzina, mentre ora si serviva di un bastone.
Da qualche giorno, appunto, era tornato in città e viveva insieme al padre in una baracca tra la ferrovia e le mura dell’ex Sloi. Ieri sarebbe dovuto tornare in Romania. Ma il destino, quella maledetta candela, non gli hanno permesso di affrontare il viaggio e tornare dalla madre e dai numerosi fratelli.

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Una dramma della povertà, della disperazione e della miseria. Un ragazzo, di età compresa tra i 23 e i 25 anni è morto all’interno dell’accampamento che ormai da anni è sorto all’interno dell’ex Sloi. Avvolto dalle fiamme e carbonizzato all’interno della sua baracca, e pure baracca è un termine che non rende perfettamente l’idea delle condizioni di vita all’interno dell’area compresa tra via Maccani e la ferrovia, a due passi dal centro della città.

L’allarme è scattato intorno alle 22.30 di ieri: secondo una primissima ricostruzione, che gli inquirenti dovranno verificare e poi, eventualmente, confermare, le fiamme sarebbero divampate dentro il rifugio, distante almeno cento metri dall’ingresso più vicino (nei pressi della Metro, nella trasversale di via Maccani) da una candela. Poi il cellophane e i tanti materiali infiammabili avrebbero fatto da conduttore al fuoco, che ha rapidamente avvolto la «casa». Ad accorgersi dell’incendio e a dare l’allarme è stato il padre del ragazzo, che dalla propria limitrofa abitazione si stava recando in quella del figlio per chiedere qualcosa, probabilmente una sigaretta.

Pare, inoltre, che il giovane fosse affetto da una malattia che non gli permetteva una rapida deambulazione e, quindi, non sia riuscito a fuggire. Per quanto riguarda l’uso della candela, invece, basti dire che l’unica forma di illuminazione in quell’area è rappresentata da un lampione distante un centinaio di metri e posto oltre la ferrovia.

Immediato l’arrivo dei soccorsi, con i vigili del fuoco di Trento, l’auto medica del 118, due ambulanze e i carabinieri. In un primo momento si è pensato che la persona che mancava all’appello fosse semplicemente fuggita dall’accampamento. Poi, purtroppo, l’amara realtà e a nulla è servito l’intervento sul posto del medico.

Gli inquirenti, in un’ipotesi confermata anche dai vigili del fuoco, hanno escluso da subito il dolo: troppo isolata la zona perché fosse possibile una sorta di «attacco».

Piuttosto difficile, invece, l’identificazione della vittima: pochissime delle persone presenti, e soprattutto non il padre del ragazzo, parlano l’italiano e quindi a tardissima sera le forze dell’ordine attendevano l’arrivo di un interprete per avere una versione definitiva di quanto accaduto.


 

Sul caso è intervenuto anche Vincenzo Passerini, presidente regionale del Cnca-Coordinamento nazionale comunità di accoglienza: «Un’altra persona senza dimora, un giovane rumeno, è morta nell’incendio della baracca che si era costruita. Esprimiamo tutta la nostra vicinanza al papà, dolore e tristezza. Un’infinita tristezza per questa giovane vita sfortuna che non siamo riusciti a salvare. Ma anche vergogna, perché morire di povertà è sempre uno scandalo, e se non sentiamo lo scandalo vuol dire che il degrado vero è dentro di noi. Non in quella povera casetta. Lì c’era è più umanità e più dignità di quella che c’è in tanti palazzi della ricchezza e della politica che vedono nella miseria solo un problema di sicurezza e di decoro urbano dove invece c’è innanzitutto un problema di umanità e di giustizia sociale. Perché lo scandalo peggiore è l’ingiustizia tra chi ha troppo e chi non ha nulla.
Questa tragica morte ci ricorda che i poveri più poveri vivono dentro le nostre società, anche se talvolta ai margini, e che dobbiamo continuamente impegnarci perché possano avere una vita dignitosa, anche loro, come tutti noi. Un impegno personale e un impegno della comunità e delle istituzioni che non può allentarsi. In particolare, c’è il rischio che nell’imminente inverno i posti letto disponibili a Trento per le persone senza dimora diminuiscano. Ho espresso questa preoccupazione all’assessora comunale Franzoia alcuni giorni fa, presentandole  il programma della Settimana dell’accoglienza che si svolgerà dal 10 al 18 ottobre, all’interno della quale il problema dei senza dimora sarà tra quelli affrontati con maggior attenzione attraverso varie iniziative (nelle giornate del 10, del 16, del 17 e del 18 ottobre). L’assessora si è detta disponibile ad affrontare in un incontro a breve scadenza  il problema coinvolgendo operatori e volontari, e così anche la questione dello sportello prenotazioni dei posti letto che taluni giudicano non pienamente rispondente alle esigenze delle persone senza dimora. Dobbiamo continuamente verificare se quello che stiamo facendo come strutture di servizio sociale e come volontariato va bene o non va bene. Con coraggio e capacità di cambiare, velocemente, se necessario».

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