Compie un secolo Francesco Volpi, da 80 anni al comando degli aerei

Ho cento anni ed ancora «viaggio» con la testa tra le nuvole. Non è un'autocritica, ma un vanto per il comandante Francesco Volpi. Che il prossimo lunedì 13 ottobre spegnerà la sua centesima candelina ancora a «bordo» della sua grande passione: il volo. Al pilota centenario, infatti, è stato recentemente concesso il rinnovo del brevetto di volo (valido fino al 2016). «Il che - dice soddisfatto sventolando il permesso cartaceo - mi permetterà di scorazzare ancora a lungo per i cieli». Dal suo ultimo volo non è trascorsa nemmeno una settimana. I festeggiamenti per lo spegnimento della centesima candelina di Volpi si svolgeranno domenica 12 ottobre all'aeroporto Caproni

di Fabia Sartori

Ho cento anni ed ancora «viaggio» con la testa tra le nuvole. Non è un'autocritica, ma un vanto per il comandante Francesco Volpi. Che il prossimo lunedì 13 ottobre spegnerà la sua centesima candelina ancora a «bordo» della sua grande passione: il volo. Al pilota centenario, infatti, è stato recentemente concesso il rinnovo del brevetto di volo (valido fino al 2016). «Il che - dice soddisfatto sventolando il permesso cartaceo - mi permetterà di scorazzare ancora a lungo per i cieli». Dal suo ultimo volo non è trascorsa nemmeno una settimana.

I festeggiamenti per lo spegnimento della centesima candelina di Volpi si svolgeranno domenica 12 ottobre all'aeroporto Caproni. Francesco Volpi


Una vita in aeronautica: a quando risale il suo primo volo?


«Avevo solo vent'anni: era il 1934, sono passati ottant'anni. Ricordo il grande impegno e la profonda passione. Da allora ho effettuato quasi 9.000 ore di volo, con oltre 235 voli di guerra (sia nella Prima che nella Seconda Guerra mondiale, ndr). Tutte con la medesima passione, che ha sempre e comunque mosso la mia vita: il mondo dell'aeronautica è stato per me fonte di grande soddisfazione. Basti pensare che eravamo 8.000 candidati per accedere alla scuola militare, e solo 50 sono riusciti ad entrare. Ancor oggi sono fiero di aver intrapreso la strada giusta, perseguita con dedizione».
Vuole essere un consiglio per i giovani di oggi?  «Anche. Soprattutto vorrei dire loro di sfruttare le opportunità odierne, che novant'anni fa non esistevano. Ai ragazzi suggerisco serietà ed onestà. Valori che mi contraddistinguono: penso a me come ad un ufficiale gentiluomo, anche per il fatto di aver avuto due nonne con il titolo di contessa».


Ci rivela un suo particolare vanto?


«Aver sempre riportato l'aereo alla base. Magari senza benzina. Oppure in fiamme, o ancora ridotto a un colabrodo per gli spari. Ma nessun bombardamento di guerra o difficoltà è mai riuscito a sbarrarmi la strada verso casa. Sono anche felice di aver sempre avuto il coraggio di seguire la mia passione: non ho scelto di rimanere stanziale negli aeroporti, ma mi sono accollato il rischio di volare attraverso Paesi e Continenti anche in tempo di guerra. Il mio campo di volo andava dal Brasile a Stalingrado. Tra l'altro fui l'unico italiano ad arrivare a Stalingrado durante l'omonima battaglia nella Seconda Guerra».


Il suo rapporto con il Trentino?


«Mi ritengo, e credo giustamente, l'unico padre dell'aeronautica trentina ancora in vita. Alla fine degli anni Sessanta presi parte attiva alla progettazione e costruzione dell'aeroporto Caproni. Poi fu la volta della fondazione della scuola d'aeronautica trentina, che nel corso degli anni ha sfornato circa 400 piloti. Con alcuni amici costituimmo anche l'associazione Arma Aeronautica di Trento, oggi ancora viva e perfettamente in salute. Così come l'associazione "Piloti di montagna».


Ha mai avuto paura in volo?


«No. Mai. Nemmeno quando mi ritrovai a comandare una squadriglia di oltre quaranta uomini in piena offensiva russa: il nostro comandante scomparve, ed io ero il vice».

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