L'allarme di Dorigatti

In due ipotesi su tre della riformulazione del numero delle Regioni, in funzione della riforma del Senato, come presentata dalla Lombardia, scompaiono le autonomie speciali. Lo riferisce con preoccupazione il presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, Bruno Dorigatti, a proposito della riunione della Conferenza dei presidenti delle Regioni di sabato scorso  

DorigattiTRENTO - In due ipotesi su tre della riformulazione del numero delle Regioni, in funzione della riforma del Senato, come presentata dalla Lombardia, scompaiono le autonomie speciali. Lo riferisce con preoccupazione il presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, Bruno Dorigatti, a proposito della riunione della Conferenza dei presidenti delle Regioni di sabato scorso.

 

Dorigatti sintetizza in una nota la proposta della Lombardia con "la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato a composizione mista, il rafforzamento del potere legislativo regionale e la riduzione del numero delle Regioni con la costituzione di enti regionali più adeguato dal punto di vista del territorio e della popolazione". Spiega poi che vengono proposte tre soluzioni.

 

La prima ipotizza tre macroregioni: la padano alpina (Piemonte, Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna), la centro appenninica (Toscana, Lazio, Marche Umbria, Abruzzo e Molise) e la meridionale insulare (Campagna, Basilicata, Calabria, Puglia , Sicilia Sardegna).

 

La seconda nove regioni, fra cui il Triveneto, con Veneto Alto Adige, Trentino e Friuli Venezia Giulia insieme. E qui Dorigatti fa notare che "le due proposte includono paritariamente le regioni a statuto ordinario e quelle speciali". La terza proposta sarebbe quella di 15 Regioni, dieci ordinarie e cinque speciali, a mantenere quindi le Autonomie.

 

"L'autonomia, attraverso la gestione di quasi tutte le deleghe governative - ha ricordato Dorigatti - assicura un risparmio pressochè totale sul fronte dei costi dei servizi resi dallo Stato e, nel contempo, consente un articolazione diffusa della democrazia e dell'autogoverno sul territorio. La questione - ha concluso - non è pertanto quella di mettere in discussione le autonomie speciali quanto piuttosto favorire un innalzamento delle competenze delle altre regioni".

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