L'Italia è a pezzi ora serve la politica

Dorigatti: «Aleggia inevitabilmente lo spettro dello sciacallaggio politico, da quello grottesco di chi lusinga i contestatori per ritornare al centro della scena, a quello eversivo di chi organizza e manipola la protesta con finalità antidemocratiche. C'è dunque bisogno di politica, quella che sa definire interventi concreti e al contempo attivare speranze, idealità, coscienze critiche»I tuoi commenti

DorigattiForse non servivano nemmeno i dati dell'Istat, a rendere chiaro quanto la crisi abbia duramente colpito i lavoratori e i pensionati italiani: ma la crudezza dei numeri serve a mettere nero su bianco quello che altrimenti rischia di perdersi e di confondersi, e cioè che il numero degli italiani impoveriti o a rischio povertà è in aumento, sfiorando ormai il 30%.

 

Un'analisi spietata, che si fa drammatica quando declina nel concreto cosa significa essere poveri, nell'Italia del 2013: non poter riscaldare adeguatamente la propria abitazione; non poter sostenere spese impreviste di 800 euro; non potersi permettere un pasto proteico ogni due giorni. Se mai fosse servita una fotografia efficace della crisi, ora ce l'abbiamo davanti agli occhi, nitida e chiara: una crisi che ha inasprito le disuguaglianze e che ha colpito pesantemente chi vive o ha vissuto del proprio lavoro.

 

È un senso di angoscia crescente quello che sta colpendo l'Italia, che matura nell'instabilità, che si nutre della disillusione nel futuro, che si fa malessere sociale: davanti a noi, concretizzato simbolicamente nei roghi e nei forconi, il rischio di una frantumazione che acuisce uno scontro sociale regressivo e senza via d'uscita. Qui entra in gioco la politica, intesa non come spazio separato dalla società, ma come azione collettiva di trasformazione dello status quo: perché la frattura che si è prodotta tra corpo sociale, politica e Istituzioni si sta trasformando in contrapposizione e lotta alle Istituzioni stesse, in una deriva anti-istituzionale che è l'ultimo stadio dell'ondata anti-politica.


Sopra tutto questo, aleggia inevitabilmente lo spettro dello sciacallaggio politico, da quello grottesco di chi lusinga i contestatori per ritornare al centro della scena, a quello eversivo di chi organizza e manipola la protesta con finalità antidemocratiche.


C'è dunque bisogno di politica, quella che sa definire interventi concreti e al contempo attivare speranze, idealità, coscienze critiche. Ci siamo disabituati a «pensare politicamente», e la politica che si credeva nuova ha prodotto più che altro cattiva politica; l'assenza di riflessione sul ruolo dei partiti ha portato ai partiti personali; il rifiuto della cultura politica e istituzionale ha fatto emergere un ceto politico che, se spesso è debole e fatica a contrastare i poteri extra-politici, nel peggiore dei casi è corrotto e arraffone, come dimostrano i tanti «casi Batman», nei quali emergono piccole e grandi storie di volgarissimo e meschino arricchimento personale.


In mezzo, ci sono tantissimi amministratori che provano a fare bene il proprio dovere: sono la stragrande maggioranza, come avviene nel nostro Trentino, dai più piccoli comuni alla Provincia, passando per le Comunità di Valle. Donne e uomini che dedicano il proprio tempo al «comun bene», pur orfani di un quadro politico complessivo che legittimi e valorizzi pienamente il loro impegno. Ecco allora che, in assoluta controtendenza rispetto a quello che sembra essere il pensiero più diffuso, dobbiamo rimettere al centro la necessità della politica e la sua «ripubblicizzazione»: non la politica del singolo che fa e decide per gli altri, e nemmeno la strada impolitica del governo dei tecnici, ma il recupero del pensiero e dell'agire pubblico che danno forza e ragioni alla politica come sforzo collettivo.


Michelle Bachelet, rieletta presidente del Cile con oltre il 60% dei consensi, ha riconosciuto immediatamente la debolezza della propria vittoria, a fronte di un astensionismo superiore al 50%, e ha dunque parlato direttamente a questo «importante numero di cilene e cileni che non sono andati a votare. So che molti di loro sono disillusi e frustrati, in quanto sentono che lo Stato ormai non li protegge più. Adesso la nostra grande sfida è far sì che questi cittadini tornino a credere, non in me, né in un partito, né in un gruppo politico, ma nella democrazia, nelle istituzioni, nella forza del voto, nella giustizia e nelle nostre leggi».


Una sfida, la sua, che dobbiamo cogliere anche in Trentino: per ritornare a fare politica, senza paura.

 

Bruno Dorigatti

Presidente del Consiglio provinciale

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