Burocrazia frena i donatori Avis, 900 volontari in attesa

È un'associazione in salute l'Avis del Trentino, che domenica ha tenuto la festa dei soci e che nel corso del 2012 ha garantito la donazione di oltre 23mila sacche di sangue. E non è contro la mancanza di nuovi donatori che deve combattere (sono anzi in crescita), ma contro una burocrazia macchinosa che rischia di azzopparne l'attività. Preoccupa, in particolare, il rallentamento nelle visite di idoneità: sono 900, al momento, i donatori disponibili in attesa del via libera

di Lorenzo Basso

provette sangue L'Avis del Trentino, l'associazione dei donatori volontari di sangue locale, ha chiuso domenica, con la tradizionale festa tra i soci, un anno particolarmente positivo, che ha visto un radicale rinnovamento della struttura organizzativa dell'ente, un incremento costante delle adesioni ed un rafforzamento della presenza sul territorio. Al contempo, è stato avviato un significativo avvicendamento all'interno degli organi direttivi interni, mentre è stata registrata una leggera diminuzione nella richiesta di sangue per uso ospedaliero grazie alla diffusione di nuove tecniche chirurgiche.
Stando a quanto emerso nell'incontro di ieri, tuttavia, non sono mancate alcune criticità, tra cui l'incerta elezione della presidente della sezione cittadina, che ha ricevuto l'avallo dei soci ma non dell'Azienda sanitaria, e la brusca frenata nelle procedure per l'idoneità del donatore, causata dall'impossibilità dei reparti ospedalieri di Trento e Rovereto di rilasciare più di 800 certificazioni all'anno. Ad ogni modo, dopo il risultato eccezionale del 2012, quando i livelli di donazione hanno raggiunto un picco inaspettato (+9%), nell'anno in corso i livelli di crescita dell'Avis sono tornati nella media, con un incremento degli iscritti che si aggira attorno al 3% ed un'ottima capacità di rispondere alle richieste, anche urgenti, di tessuto ematico.
«La situazione complessiva - ci ha spiegato l'ex presidente, ora consigliere regionale, Fabrizio Zappaterra - è buona, e riscontriamo un buon livello di adesioni. Di fatto, grazie ai nuovi iscritti, riusciamo a sostituire chi lascia la donazione attiva per sopraggiunti limiti di età o per la contrazione di malattie. Purtroppo, a causa del pensionamento del personale di immunologia e trasfusione, passato in un solo anno da sette a quattro impiegati, constatiamo un rallentamento nelle visite di idoneità. Al momento abbiamo 900 persone in attesa».
Forte di 1.800 nuove iscrizioni a livello provinciale, l'Avis del Trentino può contare su una rete di volontari che, solo nel 2013, hanno donato 23.400 sacche di sangue. Il dato, ottenuto grazie ad un calcolo di previsione, mostra una leggera diminuzione rispetto a quello registrato nel 2012, quando le donazioni superavano le 24mila unità, e denota un corrispettivo calo nella richiesta di tessuto ematico per uso ospedaliero. La diffusione della chirurgia laparoscopica, in effetti, ha permesso di ridurre in modo consistente le perdite di sangue dei pazienti sotto i ferri. Ad oggi, l'area chirurgica richiede solo il 15% del totale delle donazioni, mentre l'ambito medico, che comprende anche la cura alle malattie rare, ne utilizza il 31%. Il rimanente, viene suddiviso tra i reparti di ortopedia, pronto soccorso, rianimazione, oncoematologia e, in misura ridotta, ginecologia, pediatria e case di riposo.
«Nel Trentino - ha chiosato Zappaterra - i concetti di donazione (sangue, midollo e organi) sono ben radicati, sia nelle famiglie, sia nelle scuole, che collaborano con interventi formativi e divulgativi».
Per quanto riguarda, invece, la riorganizzazione interna, l'Avis ha eliminato il coordinamento del Trentino, in accordo con la possibile abolizione delle competenze provinciali, mentre i compiti organizzativi sono passati all'organo regionale equivalente, con competenza sul territorio provinciale. Inoltre è stata eletta una nuova presidente regionale, Adriana Faccini, ed una rappresentante della sezione di Trento, Patrizia Suligoi. Quest'ultima, pur legittimata dall'assemblea, è in attesa del parere dell'Azienda sanitaria perché, in quanto dipendente, non potrebbe presiedere legalmente un ente subordinato.

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