#trentoègiovane, l'opinione di Marco Rosi

#trentoègiovane, l'opinione di Marco Rosi

Nei recenti interventi legati alla questione della "vivibilità" notturna della città di Trento, riferita sia alla qualità della vita dei residenti del centro che a quella non meno importante dei giovani e degli studenti, mi sembra emerga una forte correlazione tra un atteggiamento di intransigenza e chiusura nei confronti della situazione (sigilli ai locali, inferriate "protettive"...) e un desiderio di apertura a trecentosessantagradi del divertimento. Ritengo che entrambe queste logiche siano figlie l'una dell'altra e creino un circuito chiuso da cui è impossibile uscire per trovare delle proposte concrete e costruttive.
E' innegabile da un lato che la città culturalmente e storicamente non sia abituata a una vita sociale e comunitaria diffusa, soprattutto nelle strade, e questo si riflette sia nelle logiche della pubblica amministrazione (si pensi ai regolamenti sulla musica all'aperto) che nell'atteggiamento del vicino che ti batte con la scopa appena sente la percezione di un ritornello avvicinarsi alla sua porta.
Dall'altra appare altrettanto evidente come la socialità giovanile sia molto cambiata rispetto ad un tempo, alla logica della "compagnia" che si trovava al bar per intenderci, con maggiore tendenza al nomadismo, al passaparola, alla concentrazione in grossi eventi, tutte cose che in qualche modo impedisco il "controllo sociale" tradizionale e richiedono nuove forme di "regolazione".
Ragionando per estremi, passiamo da chi chiama i vigili perchè percepisce in lontananza la musica di un locale, senza capire che cosa stia succedendo realmente li dentro, al ragazzino già sbronzo che al bancone del bar chiede qual è la cosa più forte che può bere.
In mezzo a queste due logiche distorte si può forse fare qualcosa.
Punto uno: serve un controllo di prossimità, con la modalità dei vigili di quartiere, ma nella fascia notturna. E' inutile che arrivino due pattuglie e sei uomini in divisa alle 23.45 di venerdi sera per imporre di abbassare la musica di un locale, soprattutto quando le porte sono chiuse, gli avventori sono tranquilli e si divertono in maniera del tutto lecita. Ci si sente trattati come dei criminali, mentre si sta solo tentando di creare un contesto piacevole per tutti. Si ha inoltre la sensazione di parlare con persone che non sono competenti in materia, che considerano la musica solo rumore (bestemmia!) e considerano la socialità solo sottoforma di ordine pubblico. Una polizia di prossimità invece potrebbe innanzitutto "anticipare" la situazione, instaurare preventivi rapporti con i gestori, conoscere le iniziative, intervenire in caso di molestie degli avventori e agire da deterrente anche solo con una presenza "discreta".
Punto due: per lo stesso motivo, la concessione di permessi per quanto riguarda manifestazioni, suolo pubblico, eventi e spettacoli musicali dovrebbe essere valutata non solo dal Servizio Ambiente e dalla Polizia Municipale ma anche dal Servizio Cultura dell'Amministrazione comunale. Questo affinchè si possa aggiungere anche una valutazione di tipologia e di qualità delle iniziative proposte, favorendo quindi una maggiore sensibilità nei confronti delle iniziative che regolano la vita notturna. Elemento che potrebbe essere di grande aiuto anche per la valutazione di situazioni complesse.
Punto tre: sulla base di quanto sopra, facciamo una prova, allunghiamo di mezz'ora la possibilità di effettuare spettacoli musicali nei locali. Fino a mezzanotte e mezza, per sei mesi e vediamo i risultati. Banalmente: se ascolto un concerto sono incentivato a bere di meno, perchè la musica (se buona) soddisfa anima e corpo, se bevo di meno probabilmente ho meno la tendenza ad essere molesto. Questo potrebbe inoltre favorire una maggiore residenzialità del divertimento.
Sono piccoli passi che però comportano uno sforzo da parte di tutti, amministrazione, gestori, ragazzi, per uscire dalle solite logiche del divieto e della lamentela.
Negli ultimi anni molte persone si stanno sforzando per dare a Trento una proposta serale e notturna di un certo tipo, garantendo anche livelli di qualità che in altre città non si trovano. E' scoraggiante vedere che l'atteggiamento cittadino e amministrativo di fronte a questa nuova tendenza rimanga ancorato a vecchi schemi, navighi ancora a vista e intervenga sempre e solo sulle emergenze. Non si tratta di portare Berlino a Trento, ma di costruire una cultura della notte: "cultura" vuol dire sapere quello che si sta facendo, dove si è in questo momento e in quale direzione si sta andando, vuol dire dare senso al proprio vivere, al proprio lavorare e al proprio divertirsi. E dove c'è il senso, è garantito che l'eccesso come il divieto sono costretti a venire meno.
Cantava Joe Strummer "I fought the law and the law won": nasceva allora il punk...

Marco Rosi – sociologo
Bookique – Caffè Letterario Predara

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