Allarme bomba, evacuata la Whirlpool

Non c'è pace per la Whirlpool e i suoi 470 lavoratori. Dopo l'incendio di dieci giorni fa e l'allarme per l'innesco ritrovato lunedì scorso, ieri pomeriggio c'è stato un nuovo allarme bomba. La produzione si è interrotta nuovamente, per una telefonata, che annunciava la presenza di un ordigno nella fabbrica di Spini di Gardolo. Dopo i controlli di polizia, digos e vigili del fuoco permanenti, la segnalazione si è rivelata fasulla, ma la tensione in fabbrica è altissima. Alla luce di questo ennesimo episodio, l'azienda potrebbe rivedere gli accordi sottoscritti nelle scorse settimane con sindacati, Provincia, e Trentino sviluppo 

di Leonardo Pontalti

bomba Non c'è più pace per la Whirlpool e i suoi lavoratori. Dopo l'incendio di dieci giorni fa e l'allarme per l'innesco ritrovato lunedì scorso, ieri pomeriggio la produzione si è interrotta nuovamente, per una telefonata, arrivata nella redazione di un quotidiano, che annunciava la presenza di un ordigno: «C'è una bomba alla Whirlpool».
Una segnalazione che, dopo le accurate ricerche da parte di polizia, digos e vigili del fuoco permanenti, si è rivelata fasulla ma, a questo punto, la notizia diventa solo in superficie, quella dell'allarme.
Il fatto vero, concreto, invece, è che c'è un irresponsabile, o più irresponsabili, che stanno giocando sulla pelle di 470 lavoratori. Perché alla luce di questo ennesimo episodio, che va a minare la serenità e la sicurezza dei dipendenti - ma anche la residua produttività dello stabilimento - la corporation americana potrebbe davvero voler rivedere gli accordi sottoscritti nelle scorse settimane con sindacati, Provincia, e Trentino sviluppo.
Il direttore di Spini,  Manuel Rossi , ieri pomeriggio è stato chiaro: «Dopo quanto avvenuto la scorsa settimana la posizione della proprietà riguardo agli accordi non era cambiata. Nemmeno dopo quanto accaduto oggi, la posizione cambia. Siamo una realtà che quando dà una parola, poi la mantiene. Ma certo, la sicurezza dei lavoratori è un punto da cui non si prescinde. Questa è sempre stata una fabbrica sicura, tranquilla, ma se non lo fosse più, senz'altro sarebbe necessario rivedere gli accordi».
Tradotto in parole povere, se allarmi e pericoli - veri o falsi - non cesseranno, Whirlpool potrebbe anche decidere di lasciare Trento in anticipo. E addio alla cassa integrazione a partire da febbraio 2014 e prolungata per 24 mesi, e addio ad una chiusura «soft».
Insomma, il falso allarme di ieri sta mettendo a serio rischio il concretizzarsi, per i lavoratori di Spini, del migliore dei modi possibili per perdere il lavoro, ovvero quello messo a punto dalle parti sociali per lo stabilimento.
Tutti i dipendenti lo sanno benissimo, ed è una paura che si aggiunge alla tensione sviluppata da episodi del genere. Ieri l'allarme è scattato poco prima delle 15. Alle 14.30 una telefonata anonima arrivata nella redazione di un quotidiano locale aveva annunciato la presenza di una bomba all'interno dello stabilimento. La voce, dialettale, di un uomo del posto dunque, specificava che «c'è una bomba alla whirlpool», prima di riattaccare.
Dalla redazione sono state chiamate le forze dell'ordine, che hanno a loro volta allertato i vertici dello stabilimento: già alle 15 - mentre sul posto convergevano volanti, uomini della Digos e vigili del fuoco permanenti - tutti i circa 150 lavoratori presenti nei capannoni, sono stati evacuati, e fatti uscire oltre i cancelli d'accesso.
Si trattava degli amministrativi e dei lavoratori del turno pomeridiano, che avevano iniziato il loro turno alle 13.30. Avrebbero dovuto finire alle 20.45, ma la loro giornata lavorativa si è concusa dopo poco più di un'ora. Fatti uscire alla chetichella, solo alle 17.20 hanno potuto rientrare, ma unicamente per raccogliere i propri effetti personali e cambiarsi: la produzione è infatti stata interrotta e riprenderà solo questa mattina alle 6.
Intanto - mentre tra i lavoratori, all'esterno, crescevano la frustrazione e la rabbia - all'interno dello stabilimento le forze dell'ordine e la quindicina di vigili del fuoco permanenti hanno verificato che tra le linee di produzione, gli uffici e i magazzini, non c'erano ordigni. Prima di autorizzare il rientro delle maestranze nei capannoni, il direttore Rossi ha tuttavia voluto attendere la ricezione, via fax, del nulla osta da parte delle forze dell'ordine: «Non posso mettere a rischio la sicurezza di 470 persone», spiegherà poi il dirigente Whirlpool, ribadendo che se la sicurezza dello stabilimento verrà messa a rischio in futuro, questo potrebbe mettere a rischio la permanenza della proprietà a Trento per i due anni finali contemplati dagli accordi.
Le indagini sono attualmente in corso, con la Digos che non sta scartando alcuna ipotesi: dall'azione di un mitomane a collegamenti con quanto accaduto tra sabato e lunedì scorsi. Al vaglio della questura anche la telefonata con cui è stato dato l'allarme: la speranza è che in qualche modo si possa, attraverso la chiamata, risalire al responsabile.
Intanto, i lavoratori hanno paura di altre telefonate, quelle dal Michigan, stato sede del quartier generale Whirlpool dove i continui allarmi italiani stanno facendo riflettere i vertici della corporation.

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