La storia: il martirio  di Cesare Battisti

Cesare Battisti, giustiziato nella Fossa del Castello del Buonconsiglio il 12 luglio 1916 , attraverso la propaganda italica entrò subito nell'Olimpo dei martiri. All'indomani della sua morte prese piede il processo propagandistico di monumentalizzazione volto ad esaltarne il sacrificio per la patria

di Andrea Casna

CESARE BATTISTITRENTO - Cesare Battisti, giustiziato nella Fossa del Castello del Buonconsiglio il 12 luglio 1916 , attraverso la propaganda italica entrò subito nell'Olimpo dei martiri. All'indomani della sua morte prese piede il processo propagandistico di monumentalizzazione volto ad esaltarne il sacrificio per la patria. Il 27 luglio 1916, infatti, il presidente del consiglio Paolo Boselli promosse un decreto per l'erezione di un monumento a Trento.

 

All'inizio di questo processo, il 13 agosto del 1916, ad Acqui, in provincia di Alessandria, il cav. Pietro Patorino, presidente del Comitato acquese dell'associazione «Dante», inaugurò, alla presenza delle autorità pubbliche e scolastiche presso il Cinema Timossi, la lapide a ricordo di Cesare Battisti. Così recita l'epigrafe: «Nell'ansia dell'attesa - Alla Città plaudente: In questa sala, la sera del 3 Febbraio 1915, parlò Cesare Battisti, per affermare la guerra, che poi consacrò col martirio. A ricordarlo ai posteri la Famiglia Timossi, auspice la Dante, il 13 agosto 1916 pose». Quel 13 agosto del '16, a commemorare il martirio di Battisti fu incaricato il professore universitario della facoltà di Genova Francesco Porro , al tempo presidente della sezione «Trento e Trieste». In occasione delle commemorazioni avvenute ad Aqui, in perfetto stile propagandistico, fu dato alle stampe un libretto contente il discorso del professore dal titolo «In memoria di Cesare Battisti. Discorso del prof. Francesco Porro».

 

Si tratta di una ode che elevava Battisti alle categorie di eroe, martire e apostolo della causa italiana. Nel suo lungo discorso il professore, che negli anni successivi alla guerra diventerà uno dei maggiori sostenitori del fascismo genovese, paragona la forca del Castello del Buonconsiglio alla Croce di Cristo. In quelle trenta pagine si trova uno spaccato, non solo di propaganda, ma anche di storia e di cultura dell'Italia in guerra. «La guerra - si legge - aveva fatto di Cesare Battisti un apostolo e un eroe. La forca eretta nel Castello di Trento fa dell'eroe un martire. Io vorrei - o soldati, o figli nostri - che la forca di Cesare Battisti assurgesse a dignità non inferiore, a quella assunta dalla Croce, se pure non ugualmente universale». Nella figura del «Martire Tridentino» si fondono, prosegue Porro, le sue due grandi passioni: «la redenzione degli umili e la redenzione della patria (ndr, tralasciamo i maiuscoli che sono molti)». Battisti viene paragonato ad Edmondo De Amicis e la guerra è vista come un «prodromo di una vasta trasformazione, il cui lato economico, sociale e morale assurge a un'importanza non minore di quelle assunte nei passati tempi dal trionfo del cristianesimo e dalla Rivoluzione francese».

 

Affinché il sogno del «martire trentino» si avveri, è «necessario - si legge - che un'austera volontà di rinnovamento spirituale corra per tutta la società nostra, nelle sfere più umili e a maggior ragione nelle più elevate». Nelle battute finali del suo intervento Porro accenna a quel futuro monumento destinato a rendere eterna la memoria di Battisti, affermando che «quando la volontà concorde del popolo e del governo avrà eretto a Trento, di fronte al simulacro del Divino poeta, il monumento nazionale decretando ad eternare la memoria del martirio di Cesare Battisti, auguriamo che l'inesausta fecondità del genio italiano ispiri la mente e guidi lo scalpello dell'artefice, che dovrà rendere in segni efficaci la sublime poesia del concetto. E come la croce è passata dalle prime ingenue figurazioni delle catacombe alle linee solenni ed austere dell'arte cristiana, non è audace sperare che un novello Michelangelo sappia trasfondere nell'orrido strumento della ferocia austriaca la maestà e la grandezza di un emblema sacro ai martiri che hanno generato l'Italia».

 

Nel 1919, con Trento e Bolzano annesse all'Italia, fu dato alle stampe un opuscolo dal titolo «L'Alpe che serra Lamagna», che raccoglie il contenuto di un discorso pronunciato dal professor Porro durante una conferenza all'Università Popolare di Genova nel 1918. Anche in questo caso si tratta di uno scritto di propaganda nazionale con cui l'autore cerca di legittimare il Brennero come il confine naturale che separa l'Italia dal mondo germanico, considerando l'Austria una semplice e pura espressione geografica «da estirpare dal cuore dell'Europa» perché «mostruosa agglomerazione di assurdità politiche».

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