Patt: «Sì a Pacher,  ma no diktat dal Pd»

Panizza: «Con questa melina il Pd sta tentando di scaricare sulla coalizione i suoi problemi interni e noi, che abbiamo individuato il nostro candidato all'interno di un chiaro e partecipato percorso, non possiamo cancellare tutto per fare un piacere al Pd. Il Partito democratico si decida e, per cortesia, lo faccia in fretta. Per noi Pacher può essere un ottimo nome su cui confrontarsi. Però i tempi sono stretti»I tuoi commenti

di Daniele Battistel

rossiTRENTO - «Ma chi l'ha detto che noi del Patt saremmo disposti ad accettare il nome di Pacher senza le primarie, nel caso lui decidesse di dare la propria disponibilità?». Se lo chiede - e lo chiede anche al Pd - il segretario provinciale del Patt Franco Panizza smentendo di fatto le parole pronunciate sabato pomeriggio dal presidente del Partito democratico Roberto Pinter durante l'assemblea di Piedicastello.
Non che ci sia un veto sul nome dell'attuale presidente vicario, anzi, ma Panizza non accetta che sia passato il messaggio che gli autonomisti sono disponibili a rinunciare a priori al loro candidato. Tutt'altro. Andando ad una trattativa è chiaro che le Stelle alpine - pur consce di dover/poter cedere la presidenza della Provincia - terranno alta la bandiera della loro candidatura (l'assessore uscente Ugo Rossi) per «spuntare» qualcosa al momento della formazione della giunta.
«Al nostro tavolo il Pd ha detto che esistono diverse possibilità - puntualizza Panizza -. O andiamo alle primarie o si trova un candidato che va bene a tutti. Certo, potrebbe essere Pcher che è il presidente uscente, ma magari potrebbero esserci altri nomi». Insomma, Panizza vuol far sapere - ai suoi in primis - che il Patt non ha calato le braghe di fronte all'ipotesi Pacher - Napolitano. «È sbagliato lanciare il messaggio che Pacher è la salvezza della coalizione. Vero è, invece, che Pacher rappresenta la salvezza del Pd».
E qui Panizza non rinuncia alla prima stoccatina agli alleati. «Con questa melina il Pd sta tentando di scaricare sulla coalizione i suoi problemi interni e noi, che abbiamo individuato il nostro candidato all'interno di un chiaro e partecipato percorso, non possiamo cancellare tutto per fare un piacere al Pd». Poi la seconda: «Il Partito democratico si decida e, per cortesia, lo faccia in fretta. Per noi Pacher può essere un ottimo nome su cui confrontarsi. Però i tempi sono stretti».
Su un altro fronte, quello dell'Upt, l'auspicata disponibilità di Alberto Pacher sarebbe accolta con soddisfazione. «Perché - spiega il capogruppo in Consiglio provinciale Giorgio Lunelli - la sua sarebbe una leadership naturale: per il suo ruolo, per la sua storia, per la sua attitudine a rappresentare e valorizzare la pluralità della squadra».
Sul nome di Pacher - secondo Lunelli - tutta la coalizione potrebbe riconoscersi «per iniziare quel progetto di Partito territoriale che tanti, e non solo l'Upt, dicono di condividere». «Un nuovo e grande progetto politico a supporto di una nuova ed impegnativa fase dell'Autonomia, in rapporto con lo Stato e con l'Europa; una organizzazione politica territoriale capace di rapportarsi in maniera inedita e confederale con il sistema politico nazionale» spiega meglio Lunelli, indicando come modello quello della Svp. Citando - curiosamente e involontariamente - il segretario del Pd Michele Nicoletti che sabato pomeriggio aveva manifestato lo stesso sogno.
«Ma è evidente che tutto questo - insiste il capogruppo Upt - richiede uno sforzo di tutti per cercare gli elementi di convergenza». Le primarie, al contrario, rischierebbero di essere una strada comoda per eludere questo sforzo «perché ogni parte avrebbe convenienza ad accentuare le distinzioni. Non a caso, in Friuli e nel Lazio, il centrosinistra ha vinto quando non ha pagato il costo delle divisioni accentuate dalle primarie».
«Mettersi a discutere di regole delle primarie nel momento in cui c'è invece bisogno di "più politica" rischia di essere un clamoroso autogol. Forse, anche all'interno del Pd farebbero bene a rileggere la storia degli ultimi tre mesi: il governo Letta è anche frutto, imprevisto e non voluto, delle primarie dell'autunno scorso».

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