Libardi: aumenta l'antiturismo

Lo dice Luca Libardi, presidente dell'aAssociazione albergatori del Trentino: «L'elemento di maggior debolezza del turismo trentino sta diventando l'atteggiamento degli stessi trentini: c'è sempre più un atteggiamento di «antiturismo» da parte della popolazione locale» I tuoi commenti

Quando si disegnano gli scenari futuri del turismo - e magari se ne propongono le ricette - si insiste sempre sulla necessità di una più profonda integrazione fra settori economici, di collaborazione fra attori e protagonisti. È giusto. Facendo però attenzione a due cose. Primo, che «integrare» non vuol dire far passare tutto lo sviluppo turistico attraverso l'enogastronomia: mangiare un buon piatto può essere gradevole, ma non bastano gli strangolapreti a promuovere il turismo. Secondo, non tutto ciò che si fa sul territorio giova al turismo. Anche per questo l'elemento di maggior debolezza del turismo trentino sta diventando l'atteggiamento degli stessi trentini: c'è sempre più un atteggiamento di «antiturismo» da parte della popolazione locale.
Luca Libardi - Levico, Presidente Associazione albergatori del Trentino
 

La risposta di Franco De Battaglia 


All'incontro su «Futuro del Turismo in Trentino», promosso l'altra settimana dall'Accademia di Impresa e dalla Camera di Commercio, si sono sentite finalmente, da parte di ricercatori su scenari e tendenze (S3.Studium) e da parte degli operatori economici, che devono far quadrare i bilanci ogni anno, parole schiette. Non c'è stato quel «politically correct» che spinge al solito «turistichese» o ai tabù: guai dire che le Apt così non vanno, come tutti vedono e come tutti sapevano fin da quando sono state «riformate», e guai anche dire un'altra cosa che tutti pensano, perché «nomen est omen», che è assurdo, in una Provincia nella quale il turismo assicura il 22 per cento del Pil, che il termine «turismo» sia scomparso dai riferimenti provinciali, pubblici e ufficiali, affogato prima in un non meglio definito «Trentino Marketing», e conglobato poi in un generico «Trentino sviluppo». Questo appiattisce le responsabilità e impedisce l' identificarsi diretto da parte della popolazione nel proprio turismo.
In questo senso l'intervento, anche passionale, di Luca Libardi alla Camera di Commercio è stato uno dei più lucidi, quando ha ammonito sul vero pericolo del futuro, che è l'«antiturismo». Certo. Se non crede nel proprio territorio chi ci vive, se deve vergognarsene e difendersi dalle invadenze, dai saccheggi al paesaggio, dalle volgarità, se chi ha una domenica libera preferisce trascorrerla in Alto Adige - o al centro commerciale - invece che sul Bondone che è stato massacrato, se un'intera valle viene «drenata» verso gli impianti di risalita, che moltiplicano i passaggi, mentre i paesi affondano nei lamenti, significa che c'è un corto circuito e che è inutile «fare marketing» finché non tornerà una corrente elettrica positiva. E' su questi temi che occorre fermarsi, è questo divorzio che occorre impedire.
In questo senso ha fatto bene la Camera di Commercio a riprendere studi e iniziative.
Anche il Trentino dovrà confrontarsi con anni (ad essere ottimisti) di vuoto politico. Dopo troppo personalismo, già se ne vedono le avvisaglie. Tocca alle categorie, agli organismi di coordinamento, ritornare in prima linea.
Il discorso di Libardi va però oltre queste esigenze. L'antiturismo cresce perché i trentini non sono più orgogliosi del loro turismo, come lo erano - si può ben dirlo - ai tempi di Giorgio Tononi, un uomo onesto, capace di tenere insieme le situazioni più difficili (la convivenza a Trento negli anni del terrorismo, quando era sindaco) al quale oggi viene tributato, con gratitudine, l'estremo saluto. Tononi, per anni ai vertici dell'Apt di Trento, impersonificava un turismo che faceva crescere chi lo offriva, insieme a chi ne godeva. L'Apt non era solo uno strumento di mercato, ma un punto di riferimento per l'identità e la bellezza del territorio: il suo miglioramento: città, lago (Caldonazzo) montagna (Bondone). Se c'era un'iniziativa da proporre si andava da Tononi all'Apt. Si costruiva «su misura» con lui (ed è ciò che oggi chiede il direttore dell'Apt di Fiemme, Felicetti) una proposta «artigianale» di offerta. Ma questo si poteva fare perché c'era anche un riferimento provinciale che unificava il territorio, che impediva che le singole realtà diventassero ostaggio degli interessi forti, o delle manie smodate. Le cronache evidenziano come ognuno vada per proprio conto, affastellando iniziative sempre più costose, mentre nessuno affronta il vero e più urgente problema che è, nel Trentino, la presenza di 480 mila posti letto non occupati da residenti su 500 mila abitanti. Di questi posti letto 200 mila sono in seconde case: una metastasi. Allora la riflessione di Libardi sulla necessità di un nuovo patto fra il Trentino e il suo turismo è la condizione prima, necessaria anche se non sufficiente, per affrontare il futuro. La Camera di Commercio ha dimostrato di avere gli strumenti per promuoverlo.

fdebattaglia@katamail.com

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