Adozioni / La storia

Fabiola Pozza: «Il figlio più simile a me. L’adozione uno scambio di bisogni»

Racconta: «Nel 2016 mio marito è morto e per la nostra famiglia è stata molto dura andare avanti, ma Davide ha dimostrato di essere una risorsa per tutti noi. Fortunatamente abbiamo avuto sempre un contesto di familiari e amici molto allargato e positivo. Il sostegno non ci è mai mancato»

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ROVERETO. La storia di adozione che racconta Fabiola Pozza è "atipica", come lei stessa la definisce. «Mio marito Giuseppe e io avevamo già due figli naturali, Anna e Gabriele, ma desideravamo anche il terzo. Purtroppo una gravidanza non è andata bene e così ci siamo avventurati nel percorso dell'adozione».

Come è iniziato il vostro percorso?
«Abbiamo seguito un corso obbligatorio, utilissimo perché ci ha fornito molte informazioni. Mio marito e io pensavamo "vediamo cosa ci dicono al corso e poi decidiamo". Per noi seguire il corso non era prezzo da pagare, così come tutti gli altri passaggi da seguire. Era un passaggio fondamentale che faceva bene al nostro desiderio, che ci aiutava a comprendere a cosa andavamo incontro. Pensavamo all'adozione come a uno scambio di bisogni: noi abbiamo bisogno di un figlio e lui ha bisogno di noi, di una famiglia».

I vostri figli erano d'accordo?
«All'epoca Anna aveva circa 9 anni Gabriele ne aveva 7. Anna in un primo momento era dubbiosa e diceva "se il bambino viene dalla tua pancia va bene, altrimenti no". Non capiva come la nostra famiglia potesse essere più completa sulla sfortuna di qualcun altro. Ciò ha reso più complesso portare avanti il nostro percorso, ma nello stesso tempo ascoltare Anna e farci aiutare dai servizi che ci seguivano per completare l'iter ed ottenere l'idoneità all'adozione è stato molto arricchente».

Alla fine vi siete decisi e avete scelto la Cina.
«A fine febbraio 2011 siamo andati in Cina ad incontrare nostro figlio Davide Yilong, che all'epoca aveva due anni e ora è un ragazzo di 14, che sta per iniziare le scuole superiori. Ha avuto un bellissimo inserimento alla scuola materna di Borgo Sacco dove, insieme alle insegnanti, ho raccontato alla classe la sua storia e da dove veniva. Lo osservavamo nei giochi e nelle attività con gli altri bimbi e da subito abbiamo capito che era un bambino brillante, allegro e socievole».

Poi un lutto ha colpito la vostra famiglia.
«Nel 2016 mio marito è morto e per la nostra famiglia è stata molto dura andare avanti, ma Davide ha dimostrato di essere una risorsa per tutti noi. Fortunatamente abbiamo avuto sempre un contesto di familiari e amici molto allargato e positivo. Il sostegno non ci è mai mancato».

Come valuta l'inserimento di suo figlio nel contesto scolastico e sociale?
«Crescendo Davide è diventato un ragazzo sportivo e con un carattere tollerante. Gli piace la musica e anche per questo, oltre che per il piacere della tavola, spesso mi dico che è il figlio che mi assomiglia di più. È un bel tipo ed è ben inserito in tutti i contesti, questo mi fa sperare che si senta amato e sereno».

Suo figlio ha mantenuto un legame con il luogo di nascita?
«Difficilmente parliamo della Cina, a lui in questo momento non interessa il mondo da cui viene, né ha mai manifestato il desiderio di andare alla ricerca delle sue origini. Cercheremo di essere pronti e in ascolto quando arriverà anche quel momento. Ogni anno, in corrispondenza del giorno in cui l'abbiamo incontrato, festeggiamo andando a cena al ristorante cinese».

Cosa può dire alle famiglie che pensano di entrare nel mondo dell'adozione?
«C'è un mito da sfatare, tentare di adottare bimbi neonati o piccoli. Credo che ogni storia di adozione sia a sé. Non bisogna farsi condizionare dalle esperienze altrui anche se il confronto con altre famiglie è fondamentale. Certo, in un percorso di adozione ci possono essere urti o intoppi. Come dico sempre, per me adottare Davide è stato uno scambio di bisogni. L'adozione è un viaggio dove il percorso è complesso e la destinazione è ignota, ricca di pro e di contro, come del resto ogni gravidanza».

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